Domenica 22 aprile 2018, IVª DI PASQUA
Dal Vangelo
Giovanni 10,11-18
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Dalle Fonti
2 Celano 161: FF 745
Quanto ai fannulloni, che non si applicano con impegno ad alcun lavoro, diceva che sono destinati ad essere rigettati dalla bocca del Signore (Ap 3,16). Nessun ozioso poteva comparire alla sua presenza, senza essere da lui biasimato aspramente. In realtà egli, modello di ogni perfezione, faticava e lavorava con le sue mani, preoccupato di non perdere un attimo di quel dono preziosissimo che è il tempo. «Voglio – disse una volta – che tutti i miei frati lavorino e stiano occupati, e chi non sa impari qualche mestiere». E eccone il motivo: «Affinché – continuava – siano meno di peso agli uomini, e nell’ozio la lingua o il cuore non vadano vagando tra cose illecite». Il guadagno poi o la mercede del lavoro, non lo lasciava all’arbitrio di chi lavorava, ma del guardiano o della famiglia religiosa.
Alla vita
In questa domenica il Signore ci offre una catechesi sul dono, dandoci l’esempio: vi amo a tal punto da dare la mia vita per voi. Gesù ci tiene a farci capire che non altri prendono la sua vita, ma è proprio lui a metterla a disposizione, per amore, in libertà. Conseguenza per noi: ho una ricchezza, un talento, e lo metto a disposizione. Non per ottenere gratificazioni o per “occupare il tempo”, ma riconoscendo che – ed ecco il collegamento con l’insegnamento di Francesco – quanto ho non è mio. Anzi, ha senso solo se diventa offerta per gli altri. Non ho alcun diritto all’ozio. (Al riposo sì, ma è un’altra cosa). Ci capita spesso di notare, specie nei nostri coetanei o in persone più giovani, una grande disponibilità nel “fare cose per sé”. Un corso, un’attività, uno shopping, un divertimento, un viaggio… Il che va bene, entro certi limiti. Ma la domanda, prima di tutto a noi stessi, è: fai qualcosa per gli altri? I doni che hai (energie psicofisiche, tempo, spazio, denari, abilità…) sono tutti e soli per te? Buona domenica!
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