Abbi pietà
Martedì III Settimana di Quaresima
Dn 3,25.34-43 Sal 24 Mt 18,21-35
Gesù racconta la parabola in seguito all’intervento iniziale di Pietro che solleva un problema riguardante i rapporti comunitari: il perdono. Ci basta ricevere un gesto paziente, clemente e buono come quello del re per poi restituire lo stesso gesto ai fratelli quando ce lo chiedono? Sembrerebbe di no! Il servo che ha ricevuto dal re il condono totale del debito, non riesce a restituire la pietà ricevuta anzi, diventa spietato! È come se avesse divorato quel gesto tutto d’un fiato, senza gustarne il significato, senza averlo assaporato per poterne sperimentare la gratitudine.
Il perdono deve maturare dal cuore, dal nostro intimo. Il perdono ricevuto da Dio in modo gratuito e insperato è il modello di perdono che deve caratterizzare i rapporti nella comunità dei credenti. Oggi fermiamoci e facciamo memoria di tutti i gesti di clemenza che abbiamo ricevuto… e chiediamo perdono per la nostra durezza di cuore se non siamo stati capaci di restituire il dono. Il pentimento e l’umiltà ci faranno sperimentare la misericordia del Padre e la riconciliazione fraterna.
Signore, come Azaria, “potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato!”
Dalla Leggenda maggiore di san Bonaventura [FF 1134]
La vera pietà, che, come dice l’Apostolo, è utile a tutto, aveva riempito il cuore di Francesco, compenetrandolo così intimamente da sembrare che dominasse totalmente la personalità di quell’uomo di Dio. La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandolo con tutte le creature, lo riportava allo stato di innocenza primitiva.
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