Domenica 18 febbraio 2018, Iª DOMENICA DI QUARESIMA
Dal Vangelo
Marco 1,12-15
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Dalle Fonti
Celano 137: FF 721
Mentre Francesco si trovava a Siena, giunse colà un frate da Brescia. Desiderava molto vedere le stimmate del Padre e scongiurò con insistenza frate Pacifico a ottenergli questa possibilità. Questi gli rispose: «Quando starai per ripartire di qui, gli chiederò che dia da baciare le mani. Appena le avrà date, io ti farò un cenno cogli occhi, e tu potrai vederle». Quando furono pronti per il ritorno, si recarono ambedue dal Santo. Inginocchiatisi, Pacifico dice a Francesco: «Ti preghiamo di benedirci, carissima madre, e dammi la tua mano da baciare!». Subito la bacia, mentre egli l’allunga con riluttanza, e fa cenno al compagno di guardarla. Poi chiede l’altra, la bacia e la mostra all’altro. Quando stavano allontanandosi, venne al Padre il sospetto che gli avessero teso un pio inganno, come era in realtà. E giudicando empia quella che era soltanto una pia curiosità, richiamò subito frate Pacifico: «Ti perdoni il Signore – gli disse – perché ogni tanto mi rechi grandi pene». Pacifico si prostrò subito e gli chiese umilmente: «Quale pena ti ho recata, carissima madre?». Francesco non rispose e la cosa finì nel silenzio.
Alla vita
Israele per 40 anni nel deserto toccò con mano la precarietà. Alle spalle c’era la memoria dell’Egitto: una prigionia dura ma sicura (“avevamo cipolle e stavamo seduti presso la pentola della carne”); di fronte, invece, l’incognita di una libertà che sapeva di morte. Emergeva così la tentazione e la mormorazione: “Perché Dio ci ha fatti uscire dall’Egitto per farci morire qui?”. Dice Dio: “Ti ho fatto camminare nel deserto per umiliarti, provarti e per sapere quello che avevi nel cuore” (Dt 8,2). Ma Dio già sapeva cosa c’era nel cuore dell’uomo; era Israele che doveva toccarlo con mano. Nel deserto, luogo della privazione, egli scoprì infatti alcune cose davvero importanti di sé: la propria debolezza, la difficoltà di gestire la libertà, la fiducia in Dio che viene meno nel momento della mancanza. E in particolare imparò che cosa fosse davvero essenziale; sperimentò infatti che nonostante le difficoltà “non si era logorato il suo mantello e non si era consumato il suo sandalo”. La Quaresima è il deserto che ci chiama all’essenzialità per riscoprire come davvero Dio guidi il nostro cammino e come sia vero che non di solo pane vive l’uomo. È il tempo della verità di sé, del non nascondersi dietro un filo d’erba per dire che “io certe cose non le provo” (anche Gesù le ha provate!). Il tempo dell’autenticità: guardarmi dentro e dirmi dov’è il mio cuore, per ricentrarmi sulla Parola.
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