F come… farisei!
Per noi sono così noti da prestarsi facilmente per qualche epiteto non certo simpatico: fariseo! Che è come dire “falso” e “ipocrita”. Di farisei, e dei loro compari scribi, ne è infatti strapieno il Vangelo (solo quello e il resto del Nuovo Testamento, perché in quello Antico ancora non esistevano come gruppo con questo nome). Molte delle parole di Gesù, non solo le immancabili invettive ma anche alcune parabole (cf. Lc 7,36-50; 15,2), sono provocate o addirittura indirizzate proprio a loro. E quando non sono loro i protagonisti, li troviamo comunque più o meno nascosti e mescolati tra la folla, per provocare, vedere, spiare, raccogliere informazioni e fare poi rapporto ai loro capi (cf. Mc 12,13; Mt 9,11; 22,15; Lc 6,7; Gv 7,32; 11,46). Non che in sé fossero cattiva gente, a prescindere dall’idea un po’ semplicistica che ce ne siamo fatti noi. Il termine fariseo deriva dal latino pharisæus, che è traslitterazione dall’ebraico pārûsh (al plurale pĕrûshîm), cioè “distinto”. Effettivamente i nostri un po’, come dire?, se la tiravano, e in parte anche a ragione: a modo loro erano uomini di grande fede, un saldo ed orgoglioso senso di appartenenza al popolo eletto, lettori della Torà, impegnati religiosamente e coerenti con i comandamenti e gli altri precetti. A differenza dei sadducei, credevano persino alla resurrezione (cf. Mt 22,23-33)! Insomma, prima di essere quelle canaglie che conosciamo dal Vangelo, erano persone per bene, devote. Anche san Paolo lo era, e persino con una punta di orgoglio (At 23,6), come altri personaggi positivi del Vangelo: Nicodemo (Gv 3,1), Gamaliele (At 5,34). Il corrispettivo al giorno d’oggi di preti, religiosi o laici impegnati in parrocchia. Se non fosse che erano così auto organizzati spiritualmente che… non c’era proprio più posto per Dio! O meglio, Dio avrebbe dovuto a questo punto adattarsi ai loro ragionamenti e definizioni, a una a una delle loro 613 mitzvòt. Rischiavano di non avere più il cuore in quello che vivevano, ma solo freddo calcolo. Gesù, che non avrà tra i suoi amici più intimi nessun fariseo ma piuttosto gente semplice o comunque marginale, se la prenderà con loro proprio per questo: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia» (Lc 12,1)! Senza peli sulla lingua: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti […]» (Mt 23,13)!
Fa’ un po’ strano che san Francesco non vi accenni minimamente nei suoi scritti, né li usi come esempio o metafora al negativo (ma usa il termine “ipocrita”: cf. Rnb 3,2: FF 9; 7,16: FF 27). Forse perché non era il suo stile scagliarsi contro qualcuno (non nomina mai neppure gli eretici)? Gli vengono in mente una sola volta, mentre, in compagnia di frate Paolo, vede un gregge di montoni e capre con una sola pecorella in mezzo: «Appena la vide, il beato Francesco si fermò e, addoloratosi in cuor suo, disse tra i lamenti al frate che lo accompagnava: “Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, proprio così doveva camminare, mite e umile, circondato dai farisei e i principi dei sacerdoti. Per questo ti prego, figlio mio, per amore di lui, sii anche tu pieno di compassione per questa pecorella; compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni”» (1Cel 77: FF 456).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/73)
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