M come… mano!
È pur vero che la mano, assieme del resto a qualsiasi altra parte nobile e meno nobile del nostro corpo, deve essere in qualche modo consapevole di far parte di un organismo, dove ognuna è altrettanto importante e degna (cf 1Cor 12,15-26). Ma è altresì vero che essa distingue così tanto la razza umana da tutte le altre animali (afferrare e manipolare con le mani un oggetto, capacità che secondo gli antropologi ci sarebbe venuta dal momento in cui abbiamo cominciato a camminare eretti, su due gambe, così liberando le mani per altre funzioni; qualche volta, bisogna pur dirlo, non così nobili…), da diventare quasi la parte per il tutto. Così la mano di Dio (ma Dio ha mani?) è «forte» (Sal 89,14), «nella sua mano sono gli abissi della terra» (Sal 95,4), «i cieli sono opera delle tue mani» (Sal 102,26), e dalle sue mani rotolano continuamente tutti i beni di cui abbiamo bisogno per vivere (Sal 104,28). Addirittura «le tue mani mi hanno fatto e plasmato» (Sal 119,73). Ancora di più: Dio ci assicura che «sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» (Is 49,16)! Senz’altro è preferibile cader sempre nelle mani del Signore (2Sam 24,14) che in quelle di nemici o stranieri (Gdc 2,14; Ez 11,9). Mani che guariscono, o che comunque sono il tramite concreto di molti dei miracoli di Gesù, un rabbi molto “manesco” (Mt 8,3; Mc 7,32; Lc 13,13). Come se parte del miracolo fosse la relazione, il contatto perfino fisico. E i suoi discepoli devono usare la stessa metodologia: «Paolo andò a visitarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì» (At 28,8). Cosa che anche Francesco e Chiara fecero alla lettera nei loro miracoli (LegM 13,7: FF 1231; Proc 4,7: FF 3005).
Fino al punto che, nonostante la Bibbia parli piuttosto della voce creatrice di Dio, l’arte ci ha abituati ad una creazione primordiale che esce dalle sue mani, o addirittura, com’è nella creazione dell’uomo nella cappella Sistina, dal tocco del suo dito.
Forse Giotto aveva già in mente tutto questo, quando nell’affresco della Basilica superiore di Assisi raffigura la spogliazione di Francesco davanti al padre e ai suoi concittadini: mentre tutti sono presi da ciò che sta accadendo sulla terra, il solo Francesco alza gli occhi verso un cielo che non è muto. Perché in alto vi appare la mano benedicente di Dio. Quasi invisibile ai soli occhi… (cf LegM 1,2: FF 1030). Da qui in poi è tutta una sinfonia di mani e un palpeggiamento! Le mani dei lebbrosi baciate da Francesco (LegM 1,6: FF 1036), come quelle dei sacerdoti anche indegni (Borbone 1: FF 2253), o quelle delle sorelle lavate da Chiara (LegsC 8: FF 3180), quelle dell’uno e dell’altra levate al cielo in preghiera (LegM 2,8: FF 1049; Proc 10,9: FF 3077), quando non occupate nel lavoro manuale (2Test 20: FF 119; 2Cel 161: FF 745; RsC 7,3: FF 2793). Quelle, ancora, di Francesco che si fanno accoglienti per sorella cicala (2Cel 171: FF 757), o che prendono per mano un imbarazzato cardinale Ugolino (CAss 18: FF 1564). Altro che lavarsene le mani (Mt 27,24)!
Per arrivare alla conclusione… Quando quelle di Cristo crocifisso (Lc 34.36-51) si sovrapporranno a quelle stimmatizzate di Francesco (1Cel 112: FF 516). Baciamo le mani!
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/54)
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