F come… fame!

F come… fame!

Gran brutta bestia, la fame. Da sempre. Bisogno primario e indiscutibile per ogni uomo e donna, a qualsiasi latitudine, umana e religiosa, appartenga. In molti contesti religiosi, anzi, diventa se non proprio peccato contro Dio stesso, senz’altro impegno e dovere di condivisione e di sostegno a chi è nel bisogno. Probabilmente, al giorno d’oggi, uno dei peccati sociali più evidenti, nel divario tra un 20% circa di persone che hanno tutto e di più, e il restante 80% che se ancora non muore di fame, poco gli manca. Così già i profeti biblici potevano tuonare contro l’egoismo e il menefreghismo: il digiuno che Dio vuole, «non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato» (Is 58,7)? Perché Dio stesso si fa garante dei diritti degli affamati: egli «dà il pane agli affamati» (Sal 146,7). Di più: «ha ricolmato di beni gli affamati» (Lc 1,53)! Fino al punto che «non si disapprova un ladro, se ruba / per soddisfare l’appetito quando ha fame» (Pr 6,30), né, nella stessa situazione, è disdicevole o sacrilego mangiare i pani stessi del Tempio (cf. Mc 2,23-28). Nell’affamato è Gesù stesso ad avere fame: «ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare» (Mt 25,42). Perciò l’affamato, ancor più del perfetto, è persino beato: «Beati voi, che ora avete fame, / perché sarete saziati» (Lc 6,21)!
Ma qui la fame comincia a significare anche altro. Basta rileggersi come Matteo riformula le beatitudini: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, / perché saranno saziati» (Mt 5,6). Dirà Gesù al tentatore, citando un passo dell’Antico Testamento (Dt 8,3): «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo» (Lc 4,4). Essere affamati diventa così immagine del credente: «l’anima colma di afflizione, chi cammina curvo e spossato, e gli occhi languenti e l’anima affamata, ti renderanno gloria e giustizia, Signore» (Bar 2,18).
Sarà per tutto questo che i primi frati e le prime clarisse patirono tanto «l’ora della fame (LegsC 10: FF 3189; cf. 3Comp 40: FF 1444; Spec 65: FF 1755)? Racconta Giordano da Giano che il manipolo di frati diretti in Germania, arrivati al passo del Brennero, dovettero accontentarsi di «due tozzi di pane e sette rape» (Giordano 21: FF 2348). Nessun dubbio che anche per Francesco la fame è soprattutto della parola di Dio (cf. 2Cel 52: FF 638), ma anche quella dello stomaco va trattata nel modo giusto, evangelico. Siamo ai primordi dell’avventura francescana, nel riparo improvvisato e precario di Rivotorto. Momenti eroici, fatti anche di fame. Un fraticello si sveglia all’improvviso di notte, urlando per la fame. Anche Francesco evidentemente si sveglia, ma per niente scomposto o scandalizzato dalla debolezza del fratello, appurati i motivi della sua sofferenza («Muoio di fame!»), non trova di meglio che organizzare un’improbabile “spuntino di mezzanotte”: «Il beato Francesco, da uomo pieno di carità e discrezione, affinché quel fratello non si vergognasse a mangiare da solo, fece subito preparare la mensa, e tutti si posero a mangiare insieme con lui» (CAss 50: FF 1568). Ancora una volta sarà l’Amore a risolvere il problema della fame: «O voi tutti assetati, venite all’acqua, / voi che non avete denaro, venite, / comprate e mangiate; venite, comprate / senza denaro, senza pagare, vino e latte» (Is 55,1).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/49)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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