Dalla Rivelazione profetica al ritorno alla Porziuncola
In uno di quei giorni Francesco, solitario ed appartato come sempre durante i suoi momenti di raccoglimento, ebbe una rivelazione profetica, dalla quale intuì che era ormai maturo il tempo di intraprendere la missione di evangelizzazione fuori dalle mura diocesane, intra ed oltre i confini umbri, ritenendo che fosse quella la funzione della chiamata alla fratellanza, del mandato apostolico, della volontà del Signore.
Ne parlò con i frati, i quali acconsentirono di buon grado; si divisero, quindi, in quattro gruppi e si dilatarono a coppia, seguendo a Croce i quattro punti cardinali.
Quella che doveva essere una missione di lunga durata finì per essere brevissima; infatti, passato poco tempo, quasi contemporaneamente i gruppi fecero ritorno alla Porziuncola. Il repentino rientro dei frati fu dovuto soprattutto alle difficoltà che la missione incontrava fuori le mura diocesane, ove la benevolenza del Vescovo Guido tollerava la vita vagabonda e questuante di quella “fratellanza”.
Ma fuori da quello spazio, quei “fraticelli”, col pallino di evangelizzare tutti gli uomini del mondo, venivano scambiati per eretici, in quell’epoca perseguitati, messi al bando e scomunicati dalle autorità ecclesiastiche. Infatti, la predicazione dei laici fu espressamente proibita dal III Concilio Lateranense, nel quale, per volontà del Papa Alessandro III, furono dichiarati eretici i movimenti rivoluzionari religiosi e scomunicati tutti i loro seguaci.
Quando la fratellanza iniziò la missione, predicando i precetti di Cristo ed esortando alla conversione e alla pace, nella Francia sud-occidentale, per motivi religiosi, scoppiavano virulenti i primi focolai di quelle che dovevano essere le “guerre degli Albigesi”.
Pertanto, erano quelli tempi duri per i predicatori laici non autorizzati dalle autorità ecclesiastiche: vi era intorno a loro una sorta di ostracismo, di caccia alle streghe; si alimentava nel popolo un clima di diffidenze e di paura, col rischio di essere denunciati come loro adepti ed essere così soggetti alla confisca dei beni, se non addirittura alla scomunica, con tutte le implicanze religiose, politiche e sociali, che essa determinava, in particolare in quella tumultuosa epoca di transizione, ove andava affermandosi l’era comunale, all’ombra dell’imperio della sovranità ecclesiastica. Intanto, con il rientro dei frati ad Assisi ritornò a rianimarsi la vita sulla piana di Rivotorto.
Quei “poveretti” ripresero, nelle verdi campagne del contado la loro quotidiana opera di lavoro, di predicazione e di misericordia. Si riaccese il falò nella valle della Porziuncola, le cui fiamme erano visibili da ogni colle del circondario; salivano di là, nel silenzio delle notti, i canti alla vita e le lodi a Dio.
La fratellanza rappresentava, ormai, nel contesto antropologico – religioso di quei luoghi, un modello di comunità, coesa dall’afflato di servire il Signore e aperta a quanti intendevano accostarsi con umiltà, nudi, alla vita evangelica.
(da “Nacque al mondo un Sole” di Nicola Savino/9)
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