Dalle prime predicazioni al primo nucleo della “Fratellanza”
Francesco iniziò la missione apostolica, predicando sui sagrati delle Chiese della sua città, in particolare nei luoghi della sua infanzia e della sua giovinezza; frequenti erano le apparizioni presso la Chiesa di San Nicolò, ma più ancora presso quella della sua originaria parrocchia di San Giorgio.
Egli predicava di cuore. Era dotato di un’ improvvisazione ispirata, liberandosi in quella magia della parola estemporanea, virtuosa, calda, corale, dettata direttamente dall’anima in un mistico rapporto con Dio. Nelle sue predicazioni si esprimeva, il più delle volte, in volgare umbro, con una metrica da canto, che dava ritmo alla sua mimica spontanea, che coinvolgeva ogni parte del corpo, muovendosi su quegli spiani come un danzatore sul proscenio.
Le sue predicazioni erano sempre più attese e seguite con passione ed erano oramai in molti ad Assisi che lo aspettavano con ansia per ascoltarlo nei suoi panegirici.
Non passò molto tempo che qualcuno volle accostarsi, uniformandosi al suo modello di vita. Il primo, tra quelli che lo seguirono, fu il ricco borghese Bernardo da Quintavalle, il quale dopo aver venduto tutti i suoi beni e distribuito il ricavato tra i poveri, vestì la tonaca e, come Francesco, tra i cerri della Porziuncola si costruì la sua capanna di cannelle e argilla. Di lì a poco Pietro Cattani, canonico in San Nicolò e dottore in legge, attraversò la piana di Rivotorto con alle spalle Assisi, diretto alla Porziuncola dove anch’egli si costruì, accanto alle altre due, una misera capanna, per condividere con Francesco e Bernardo il modello di vita secondo Cristo.
Arrivò poi Egidio, un pio contadino di quelle terre, devoto e timorato di Dio; dopo di lui si unì al gruppo Sabatino e quindi Morico; fu la volta, più tardi, di Filippo Longo e, ad essa successiva, quella del sacerdote Silvestre, il quale in un sogno apocalittico aveva visto la città di Assisi minacciata da un orrendo dragone, salvata da un’immensa croce d’oro, tesa tra cielo e terra, che fuoriusciva dalla bocca di Francesco. Quella visione onirica fu interpretata da Silvestre come un segno, un messaggio divino, e volle così farsi frate e uniformarsi alla vita di quella comunità. Fu quello il primo nucleo della “fratellanza”, somma di otto uomini pari ed eguali, liberi da qualsivoglia gerarchia, saldati dalla condivisa volontà di assolvere, nell’assoluta povertà, ad una vita pienamente aderente ai dettami evangelici.
Quei frati, ricchi del solo saio, per sostenersi vagavano nelle terre assisane ad offrire il proprio lavoro nei campi e nelle botteghe artigiane, in cambio di miseri pasti.
Dopo il lavoro, ognuno di essi s’attardava in opere di carità, predicando in ogni luogo e ad ogni creatura il Regno di Dio. In coda ad una giornata d’intenso sforzo, quei “poveri fraticelli” rientravano alla Porziuncola e là, raccolti intorno al falò, si scambiavano le esperienze maturate durante la giornata, con il proponimento di dare ancora di più e di adempiere sempre meglio alla loro opera di quotidiana misericordia; infine, prima di concedersi al sonno, nel cuore della notte, ringraziavano il Signore e la Vergine Madre con canti e preghiere.
(da “Nacque al mondo un Sole” di Nicola Savino/8)
Lascia un commento
Devi eseguire il login per commentare.