E come… erba!
La più umile delle creature: strappata perché infestante, falciata per darla da mangiare, fresca o fieno, agli animali, rasata ad uso e consumo di green per il golf o prati inglesi per residenze nobiliari. Nella migliore delle ipotesi: calpestata senza ritegno né consapevolezza. Eppure anche l’erba ha il suo giorno nella creazione. Ed esattamente il terzo, subito dopo la divisione tra terra e acque del mare, una volta affiorata la terra ferma, eccola: «Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie”. E così avvenne» (Gen 1,11). Tra l’altro, ci fanno notare i commentatori ebrei, l’unico giorno in cui Dio esclami per ben due volte che è «cosa buona» (Gen 1,10.12)!
San Francesco, che di cose piccole e umili se ne intendeva bene, continua questa lode menzionandola nel suo Cantico, donata da madre terra «con coloriti flori», assieme a più altisonanti soli, lune, stelle, vento e acque (Cant 22: FF 263). Anch’essa, a quanto pare, «de Te, Altissimo, porta significazione»: di un Dio francescanamente “rasoterra”, a filo d’erba, che dobbiamo inchinare lo sguardo, verso il basso, per scorgere.
Anch’essa, perciò, autentico “reliquiario” del Dio che si è fatto piccolo in Gesù Cristo. Reliquiario da conservare con cura, perciò sia i frati che le sorelle povere di San Damiano, dovranno prevedere e, paradossalmente, curare uno spazio nei loro orti tutto per le erbe selvatiche (2Cel 165; TestsC 53-55: FF 2844). Che ci ricordino anche che non tutto e non sempre è frutto del nostro ingegno o lavoro, ma il di più è sempre regalato dal Creatore!
La stessa erba non potrà che esserci anche nel paradiso di Francesco, come in una visione vide un frate: «Era tutto uno splendore di erbe, di fiori, di alberi di ogni specie» (2Cel 219: FF 814). Del resto, molte volte Gesù proprio sull’erba fece sedere le folle per annunciare loro la buona novella del Regno d’amore di Dio, stretti in un piccolo pezzetto d’erba che ne anticipa la realizzazione (cf. Mt 14,19; Lc 9,14-16; Gv 6,10-11).
Se poi, e siamo sempre dalle parti delle “cose ultime”, «l’uomo: come l’erba sono i suoi giorni! / Come un fiore di campo, così egli fiorisce. / Se un vento lo investe, non è più, / né più lo riconosce la sua dimora» (Sal 103,15-16), san Francesco, alle prese con un fratello lebbroso particolarmente arrabbiato con il mondo intero, proprio alle virtù delle erbe si affiderà per la sua guarigione fisica e spirituale: «santo Francesco di subito fece iscaldare dell’acqua con molte erbe odorifere, poi si’ spoglia costui e comincia a lavarlo colle sue mani, e un altro frate metteva su l’acqua. E per divino miracolo, dove santo Francesco toccava con le sue sante mani, si partiva la lebbra e rimaneva la carne perfettamente sanata. E come s’incominciò la carne a sanicare, così s’incominciò a sanicare l’anima; onde veggendosi il lebbroso cominciare a guarire, cominciò ad avere grande compunzione e pentimento de’ suoi peccati, e cominciò a piagnere amarissimamente; sicché mentre che ’l corpo si mondava di fuori della lebbra per lo lavamento dell’acqua, l’anima si mondava dentro del peccato per contrizione e per le lagrime» (Fior 25: FF 1857).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/38)
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