P come… pazzo!
Dare del pazzo a qualcuno non è propriamente fargli un complimento: è qualcuno di “sfasato”. Disadattato nel senso che non è perfettamente adattato al nostro mondo. Insomma, è nel posto e nel momento sbagliato. Qualche volta, forse, è il modo con cui noi liquidiamo una situazione che non rientra nei nostri schemi, che non capiamo. E forse anche ci inquieta, subdolamente ci intriga: non gli perdoniamo la sua libertà, il suo vedere qualcosa che a noi sfugge. Avrà pure qualche rotella fuori posto, ci capita di dire, ma sembra capire più di noi, almeno ciò che a noi temiamo di capire…
Pazzi, anche “santi pazzi”, chissà perché si sono sempre sentiti a casa loro nell’esperienza cristiana: Simeone il folle, Serapione, Maria d’Antiochia. E, a furor di popolo, il nostro Francesco: «Un giorno, avuta notizia che i nostri si disponevano a battaglia, si addolorò fortemente e rivolto al compagno disse: “Il Signore mi ha mostrato che, se avverrà oggi lo scontro, andrà male per i cristiani. Ma se dico questo, sarò creduto pazzo; se taccio, mi rimorde la coscienza. Che cosa ne pensi?”. “Padre, – rispose il compagno – non dare importanza al giudizio degli uomini; del resto non sarebbe la prima volta oggi che sei giudicato pazzo”» (2Cel 30: FF 617). Pazzo è ritenuto da subito, prigioniero nelle carceri di Perugia (2Cel 4: FF 584), e dopo la sua scelta di vita: «Al primo vederlo, quelli che lo conoscevano com’era prima, presero a insultarlo, gridando ch’era un insensato e un pazzo, gettandogli addosso fango delle piazze e sassi» (3Comp 17: FF 1417), e come dare torto a costoro? Lo stesso duro giudizio sentirono su di sé i suoi primi compagni, che erano presi o per dei “pazzoidi” o per “ubriachi” (Anper 16: FF 1505), a cominciare da Bernardo, che «da molti era reputato stolto, e come pazzo era schernito e scacciato con pietre» (Fior 2: FF 1827). «Un frate di nome Stefano, affetto da pazzia» toccò anche a Chiara da guarire miracolosamente (LegsC 22: FF 3219). Ma l’autocoscienza di Francesco stesso non lascia dubbi: «Fratelli, fratelli miei, Dio mi ha chiamato per la via dell’umiltà e mi ha mostrato la via della semplicità. […] Il Signore mi ha detto che questo egli voleva: che io fossi nel mondo un “novello pazzo”: e il Signore non vuole condurci per altra via che quella di questa scienza!» (CAss 18: FF 1564)!
Saloi, jiurodive, Francesco e i suoi frati, tutti pazzi, sì, ma per e con Cristo: «Allora i suoi […] uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”» (Mc 3,21)! Come attualizzerà bene san Paolo: «Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio» (1Cor 3,18-19). Sarà anche per tutto questo che il Vangelo ci avvisa che chi dice al fratello «“Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna» (Mt 5,22)?
«Chi pro Cristo va empazzato, / pare afflitto e tribulato, / ma el è magistro conventato / en natura e ’n teologia» (Jacopone da Todi, Lauda 87).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/31)
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