Una storia di fede e di amicizia/2
Incamminandoci ancora idealmente sulla via della Maddalena possiamo fare memoria anche della mistica francescana Santa Angela da Foligno (1248-1309): anch’essa, nell’amore di Cristo, sperimenta la pienezza del proprio essere donna e cristiana. Tra le pagine intense del Memoriale un’espressione, tra le tante, mi colpisce: «l’anima si accende di amore e in certo modo considera la passione del corpo di Cristo come la regola dell’amore della divinità». La norma cui Cristo si attiene è quella di amare sino alla fine, senza trattenere nulla di sé, offrendosi incondizionatamente al bisogno dell’uomo, consapevole o meno di essere distante da Lui: bisognoso di essere reintegrato nella pienezza del suo essere, di essere riportato a dignità, di essere chiamato per nome al modo in cui un padre chiama il proprio figlio, bisognoso di essere restituito alla vita. È esperienza profondamente umana che dall’amore ricevuto si impara ad amare e che la persona «amando», sostiene ancora Angela, «agisce come ama, perché le è stato tolto ogni appoggio su di sé». Il fondamento dell’azione è una misericordia sperimentata, quella che ridefinisce gli spazi del vissuto della persona, ricollocandola nella prossimità, nell’amicizia, del Signore, in cui anche l’esperienza della fragilità e del dolore sono preservate dalla tentazione della separazione e della distanza. Guardando il Crocifisso Angela è attratta a comprendere l’autentica grandezza dell’uomo: «vedevo e sentivo che Cristo dentro di me abbracciava l’anima con quel braccio con cui fu crocifisso […]. E da allora all’anima rimase quella letizia, con la quale l’anima comprendeva in quale stato quell’uomo, Cristo, sta in cielo, voglio dire che con essa vediamo la nostra carne che è una unione fatta con Dio». Allora ogni uomo ci diventa rivelazione e ogni giorno, come Maria di Magdala, anche nelle circostanze in cui più pare impossibile e illogico, possiamo allenarci ad annunciare: «Ho visto il Signore!» e la parola d’amicizia che Lui ci ha detto.
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