Venerdì fra l’Ottava di Pasqua
At 4,1-12 Sal 117 Gv 21,1-14
“Gesù disse loro: «venite a mangiare»” (Gv 21,12)
L’ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni è legato alla figura di Pietro al quale Gesù affida il compito di custodire la fede della Chiesa nascente. Perché Pietro sia davvero “roccia” per i suoi fratelli, deve imparare a non contare su di sé ma sulla Parola del Maestro, che sola rende efficace ogni missione. Così Gesù a Pietro, che guidava i discepoli nella pesca, fa toccare con mano il proprio insuccesso e insieme l’abbondanza del dono. La Parola riempie le reti e il discepolo amato riconosce il Signore. Una volta giunti a terra, trovano Gesù che ha già preparato del pane e del pesce: il Signore è lì, ancora una volta, per servirli e questo permette a tutti di riconoscerlo. Il servire caratterizza tanto il Gesù terreno che il Gesù risorto, e insieme al segno della Parola che si compie e all’abbondanza di gioia alimenta la fede, necessaria a riconoscere Gesù ora che gli occhi del corpo non bastano più.
Dalla Regola non Bollata [FF 60]
Perciò, tutti noi frati, custodiamo attentamente noi stessi, perché, sotto pretesto di qualche ricompensa o di opera da fare o di un aiuto, non ci avvenga di perdere o di distogliere la nostra mente e il cuore dal Signore. Ma, nella santa carità, che è Dio, prego tutti i frati, sia i ministri sia gli altri, che, allontanato ogni impedimento e messi da parte ogni preoccupazione e ogni affanno, in qualunque modo meglio possono, si impegnino a servire, amare, onorare e adorare il Signore Iddio, con cuore mondo e con mente pura, ciò che egli stesso domanda sopra tutte le cose.
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