Lunedì IV Settimana del Tempo Ordinario
Eb 9,15.24-28 Sal 97 Mc 3,22-30
“Annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te” (Mc 5,19)
Giunto per la prima volta in terra pagana, Gesù, come a Cafarnao (Mc 1,21-28) inizia il suo ministero liberando un uomo posseduto. Sono molti gli elementi comuni: l’espressione con cui i due uomini si rivolgono a Gesù; il loro riconoscerlo nella sua identità divina; le grida e infine la superiorità di Gesù sulle forze del male. La descrizione dell’indemoniato geraseno permette di cogliere gli effetti del male sull’uomo. Egli nel corpo è sovrastato da una forza autodistruttiva; vive emarginato da tutti in luoghi solitari e, secondo la concezione giudaica, è lontano da Dio sia perché posseduto sia per il suo dimora fra le tombe dei morti. Ma Gesù si spinge al di là del lago in tempesta proprio per incontrare quest’uomo. La salvezza portata dal Signore riguarda tutti, da una sponda all’altra del lago, da occidente a oriente, dalla terra giudaica a quella pagana, dalle folle al singolo uomo. E la conclusione del brano chiarisce che, per “stare con lui”, per stare con Gesù, non è essenziale essere nel gruppo dei Dodici. È il fare esperienza della potenza di Dio, lasciandosi trasformare dalla sua misericordia. Ed esserne testimoni.
Dalle Ammonizioni [FF 165]
Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio. Veramente puri di cuore sono coloro che disprezzano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere sempre il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro.
“I puri di cuore […] sono coloro che […] in forza del loro vedere sempre il Signore, vivono nella libertà – non nel distacco assoluto – il rapporto con le cose terrene […]. Forse Francesco vuole suggerire che anche nella vita, nella relazione, nel contatto con il creato, con le cose e con se stessi, lo sguardo di fede non cessa di vedere il Signore” (da “Beato il servo che…”. Intorno alle Ammonizioni di frate Francesco, Maranesi – Reschiglian).
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