G come… grotta!
Prima ancora che Dante ce la descrivesse così, già lo sapevamo che la vita, in particolar modo la vita spirituale, è tutta un salire e un scendere. Se non mancano i monti da scalare: la prima di tutte le montagne sacre, l’Oreb (Es 19,3), ma anche il Tabor della Trasfigurazione (Mt 17,1-8), o una delle tante montagne dove Gesù si ritirava di notte a pregare (Lc 6,12), per non parlare del Calvario, che in realtà era poco più che una collinetta, ma citando almeno la Verna delle stimmate di san Francesco (1Cel 94-95: FF 484-485); interessante è che anche le grotte siano numerose nella storia biblica ma anche in quella di san Francesco e di tanti altri santi. Sembrerebbe proprio che l’avventura spirituale sia molto simile ad una sorta di “speleologia dello spirito”, per cui ognuno si è prima o poi calato in qualche grotta, fisicamente o metaforicamente, da cui ne ha poi tratto le sue personali dostoevskijane “memorie del sottosuolo”.
Una grotta che è porzione di promessa, non del tutto esaudita almeno su questa terra, a «Macpela nel campo di Efron», comprata dagli Ittiti, che è quanto di terra promessa Abramo riesce infine a possedere, giusto per farvicisi seppellire assieme alla moglie Sara (Gen 25,7-11), dove anche Giacobbe chiese di essere seppellito (Gen 49,29-31). Una grotta nel deserto di Engaddi per sfuggire al nemico, in attesa che il progetto di Dio sia per lui più chiaro, e più sicuro, è quella dove Davide e i suoi vanno a nascondersi da Saul e dai suoi (1Sam 24,4). Una grotta sull’Oreb è quella dove Elia, in fuga da Gezabele, scende, facendo al contrario l’itinerario di Mosè, che invece vi era salito fino in cima, tra tuoni, lampi e terremoti. La grotta delle rivelazioni impensabili, dove il profeta di Tisbe di Galaad scopre Dio piuttosto nella brezza di un venticello leggero (1Re 19,9-13). E d’altro canto, proprio quel Mosè nascosto in una cavità nella roccia aveva potuto scorgere le spalle di Dio (Es 33,18-23)! Nel Vangelo è più alle pie tradizioni che dobbiamo rivolgerci per trovare qualche grotta significativa. Nel Monastero Quarantanel, sopra Gerico, si può per esempio visitare la grotta abitata da Gesù durante i quaranta giorni delle tentazioni. Mentre nel presepio ancora non sappiamo bene se Gesù sia nato in una capanna o in una grotta (ipotesi, quest’ultima, preferita da Francesco, che in una grotta approntò la messa di mezzanotte del Natale del 1223, a Greccio: 1Cel 84-86: FF 468-469; e stando anche alla testimonianza di Angelo Clareno: Clar: FF 2151).
Insomma, la grotta come grembo della vita o della morte, abbraccio della madre terra, della discesa agli inferi o in se stessi, luogo della povertà e della solitudine, immersione simbolica nelle piaghe del Crocifisso. Anche Francesco ne ebbe una all’inizio e una alla fine della sua vita. Nei dintorni di Assisi, dove si rifugiava agli inizi della sua ricerca spirituale, lasciando fuori, a fare da palo, un amico innominato (3Comp 12: FF 1409). E quella alla Verna, se non proprio quella che viene indicata come tale, senz’altro una di quelle lì intorno.
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/17)
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