Presentazione del Signore
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Riflessione biblica Che tu possa vedere con i tuoi occhi la salvezza! È questo l’augurio che ci possiamo scambiare nella festa della Presentazione al Tempio di Gesù. La gioia di Simeone è compiuta. L’anziano profeta attende per una vita intera di vedere la luce e la gloria del Signore e nel suo intimo sa che non si manifesteranno in modo eccezionale, ma verranno nell’umiltà e nell’ordinarietà. Dio resiste ai superbi, ma si mostra volentieri ai semplici e agli umili. Immaginiamo Maria e Giuseppe, l’una con il Bambino in braccio, l’altro con due colombe tra le mani. È tutto ciò che hanno, eppure le loro mani si aprono nel gesto fiducioso di chi riconosce nelle misteriose parole di Simeone la predilezione e la chiamata a partecipare ad un mistero di salvezza unico e necessario. Maria e Giuseppe ci insegnano l’arte dell’offerta.
Riflessione francescana Gli occhi di Francesco, sul finire della vita, erano ormai quasi completamente chiusi. Una malattia lo aveva reso cieco. Eppure egli vedeva con gli occhi del cuore la gloria di Dio nel creato, negli uomini che fanno la pace, in coloro che perdonano per il suo Nome, persino in sorella morte, certo che essa non gli avrebbe fatto alcun male (cfr. FF 263). Riconoscere è il verbo della fede. Come Simeone e come Francesco chiediamo il dono di vedere la gloria di Dio così come Egli ama manifestarla: in semplicità e povertà.
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