Riempire di terra buona
Venerdì XVI Settimana del Tempo Ordinario
Es 20,1-17 Sal 18 Mt 13,18-23
Il seminatore sembra seminare quasi distrattamente il seme della Parola. Pare si allontani rispetto al tracciato segnato, andando a gettare il seme fuori dei solchi preparati pazientemente dal contadino. Semina dappertutto, sulla strada, nei rovi, sul terreno sassoso come un cieco che non ha riferimenti intorno a lui.
Ma in realtà semina nei solchi della nostra umanità che indicano le nostre spaccature, i segni, le ferite. L’umanità è segnata dal tempo, dalla storia ed è il terreno in cui il Signore semina. Cosa possiamo fare per non perdere il seme di Dio? Curare le ferite con la terra buona perché possa fecondarlo. Gettiamo terra buona nella nostra vita perchè se anche non vediamo dove viene gettato il seme, possa crescere nella fiducia del tempo di raccolta. La terra buona custodirà il seme! La semina è il tempo di gettare anche piangendo, per poi raccogliere in letizia.
Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita (dall’Antifona d’ingresso).
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 419-420]
Lasciato il mare, il servo dell’Altissimo, Francesco, si mise a percorrere la terra, e solcandola con il vomere della parola di Dio vi seminava il seme di vita che produce frutti benedetti. E subito molti uomini, buoni e idonei, chierici e laici, fuggendo il mondo e sconfiggendo virilmente le insidie del demonio, toccati dalla volontà e grazia divina, lo seguirono nella vita e nel programma.
Ma sebbene, a similitudine dell’albero evangelico, producesse abbondanti e squisiti frutti, tuttavia non si raffreddava in lui il sublime proposito e l’anelito ardente del martirio.
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