Segni muti o eloquenti?
Giovedì fra l’Ottava di Pasqua
At 3,11-26 Sal 8 Lc 24,35-48
C’è tanta vita nei vangeli che ci accompagnano in questa Ottava di Pasqua. Ieri i due di Emmaus erano tristi e impauriti, poi l’incontro con Gesù che fa ardere il loro cuore. Dubbio, paura, gioia… ancora non capiscono perché dopo il cuore, anche la mente deve aprirsi alla comprensione delle Scritture. Li accompagna ancora Gesù in questa apertura. Lo fa con dei segni. Anche le nostre giornate sono piene di segni, cercati o ricevuti. Dobbiamo riconoscere che solo alcuni “aprono”, altri no. A volte ripetiamo gesti, compiamo segni abitudinari che rimangono come muti, o peggio, parlano un linguaggio misero.
Il vangelo oggi ci indica almeno tre caratteristiche dei segni che hanno la forza di aprire la nostra mente. Il primo viene da Gesù che mostra le ferite e parla di pace: i fatti che escludono le fatiche, le fantasie che fuggono il dolore non possono aprire. Il secondo lo vediamo nella richiesta di offerta: il dono di sé, l’offerta di noi e di quanto abbiamo, ci fa capire cose nuove. Infine, se nei fatti che viviamo non abbiamo un atteggiamento di ascolto e di testimonianza della parola di Dio, la nostra mente non può cogliere il mistero della luce di Cristo.
Spirito Santo illuminaci, donaci di comprendere quanto Gesù ha detto e fatto, e donaci il desiderio volenteroso di abbandonare i segni muti a cui siamo legati.
Dalle Ammonizioni [FF 161]
A questo segno si può riconoscere il servo di Dio, se ha lo spirito del Signore: se, quando il Signore compie, per mezzo di lui, qualcosa di buono, la sua “carne” non se ne inorgoglisce, ma piuttosto si ritiene ancora più vile ai propri occhi e si stima più piccolo di tutti gli altri uomini.
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