Il discorso del figlio
Sabato II Settimana di Quaresima
Mi 7,14-15.18-20 Sal 102 Lc 15,1-3.11-32
Il figlio perduto prepara un discorso di scuse per il padre, poi s’incammina verso casa. Quando il padre lo vede da lontano, si mette a correre e gli getta le braccia al collo. Un gesto di eccessiva debolezza, un atteggiamento disdicevole per un anziano ebreo! Il discorso, preparato con tanta cura, viene interrotto nel punto in cui il figlio sta per dire: “trattami come uno dei tuoi salariati”… ma questa frase non riesce neppure a dirla. È infatti impossibile per un padre. Gesù ci sta dicendo quale dignità, libertà, fiducia il Padre del cielo vuole manifestarci. Sapendoci amati e attesi da un amore così, anche le nostre piccole ripicche, rancori, rivendicazioni verso i fratelli dovrebbero sciogliersi come neve al sole. Se Dio ci ama di un amore così, anche noi siamo chiamati a nostra volta a restituire agli altri perdono, pazienza, comprensione. Il figlio maggiore non riesce a far festa con gli altri perché ha la superbia di chi si sente migliore, di chi crede di meritare di più. Chi ama invece è umile, si abbassa, si fa debole. Papa Francesco dice: “Dio soffre per chi manca, per le nostre distanze. È addolorato, freme nell’intimo…finché non ci riporta a casa, nelle sue braccia. Ha un cuore di madre e padre. Sempre Dio ci aspetta a braccia aperte, sempre”.
Misericordioso e pietoso sei Signore, lento all’ira e grande nell’amore.
Dalla Lettera a tutto l’Ordine [FF 221]
Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre.
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