XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Luca 12,49-53
Il primo e più importante dono che il Signore Risorto farà ai suoi discepoli è il dono della pace. Eppure, in queste parole, Gesù sembra quasi dire il contrario. Se ci pensiamo bene, bisognerebbe constatare che la pace donata dal Risorto scaturisce dalle sue piaghe di crocifisso, ossia dal dono della sua vita. Così è la pace cristiana: non benessere superficiale, ma condizione di chi sa donare la propria vita, come il Maestro. E per farlo occorre a volte molta determinazione «contro» se stessi, occorre «fare guerra» ai propri egoismi, prendere distanza dalle inclinazioni egocentriche che si nascondono nel cuore; e diffondere, come Gesù, il fuoco dell’amore.
Uno slancio mai stanco, come san Massimiliano secoli dopo, caratterizza lo stesso san Francesco nel suo annunciare il Vangelo. Egli «era nella Chiesa di Dio lampada che arde e illumina, saetta scelta, tenuta in serbo per il momento opportuno. Quante volte lo si vedeva andarsene a piedi scalzi come un semplice frate, per portare la pace. Ogni volta che gli si presentava l’occasione, si adoperava con ardore a ristabilire questa pace tra l’uomo e il prossimo e tra l’uomo e Dio» (FF 493). Suggestive queste immagini: Francesco descritto come «saetta», a stabilire la pace «con ardore». Una pace che ha il sapore del Vangelo, che richiede «guerra» contro i propri egoismi.
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