Non io ma il Padre
Mercoledì IV Settimana di Pasqua
At 12,24-13,5 Sal 66 Gv 12,44-50
«Chi vede me, vede il Padre». Gesù ci indica continuamente il Padre. Il Figlio di Dio, l’Altissimo, si presenta a noi non come meta ultima, ma come via per raggiungere la sorgente da cui tutto scaturisce. Parla sempre del Padre e vuole che lo conosciamo. Noi invece siamo spesso intenti ad attirare lo sguardo degli altri su noi stessi, ci affanniamo forse a raccogliere consensi, stima, attenzione. E se questo non accade, ci sentiamo senza gioia, di poco valore. Gesù invece ci propone un cammino di semplicità, di umiltà, di amore gratuito. Vuole che sperimentiamo una gioia molto più autentica, profonda, stabile: valere agli occhi di Dio e donare la nostra vita per amore. C’è una gioia profonda quando, anche attraverso di noi, gli altri incontrano la bontà del Padre. La generosità e la libertà dei discepoli, nel racconto degli Atti, ce ne danno un esempio.
Padre buono, insegnaci a donare la vita con semplicità.
Dalle Ammonizioni [FF 156]
Dice l’apostolo: “La lettera uccide, lo spirito invece dà vita”. Sono morti a causa della lettera coloro che unicamente bramano sapere le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e potere acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici. Così pure sono morti a causa della lettera, quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io, ma la restituiscono con la parola e con l’esempio all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene.
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