DOMENICA 8 MAGGIO 2022 – IV DOMENICA DI PASQUA
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Giovanni 10, 27-30
Gesù, pastore buono, ci raccoglie dalla solitudine in cui viviamo per fare di noi un popolo che Egli guida verso la salvezza. E spesso lascia le 99 pecore nell’ovile per andare a prendere chi si è smarrito e ricondurlo a sé. Non è un mercenario prezzolato; non pasce se stesso o solo una parte del gregge; egli è pastore di tutti. E non entra per pensare a se stesso come un funzionario
attento allo stipendio. Cerca il nostro cuore. Lui, per primo, vuole essere amato e amare. Quando invita le sue pecore a uscire dal recinto, non cerca d’introdurle in una nuova serie di regole morali e religiose, ma nell’immensa pianura del suo amore e della sua misericordia. Noi conosciamo la voce di quest’uomo buono e sappiamo che per nulla al mondo ci tradirà o ci abbandonerà.
Nel mondo ma non «del» mondo, spiega la Lettera a Diogneto. È la caratteristica dei cristiani che tanto ha scandalizzato il mondo pagano e tanto ancora scandalizza oggi quando la vera testimonianza evangelica porta a compiere scelte radicali di vita, rinunciando nel nome del Vangelo a potere, onori, beni materiali. È una testimonianza di vita che sconcerta e rende i discepoli dei perseguitati, dei reietti agli occhi della logica mondana. È il «pane della santa povertà» che rende forti e sensibili, mentre il «pane dei godimenti» allontana dai veri valori della vita (cfr. FF 1067).
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