DOMENICA 26 DICEMBRE 2021 SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE S. STEFANO PROTOMARTIRE
Dal Vangelo
I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Commento biblico
La Santa Famiglia in questo spaccato di vita comune offre un esempio di fede da accogliere nella propria esistenza. Maria e Giuseppe fanno una delle esperienze più dolorose che possa capitare ai genitori: smarrire il proprio figlio e vivere diversi giorni nell’ansia di una vana ricerca. Ogni genitore ha la tentazione di considerare il figlio proprietà privata. Il brano, invece, rivela proprio il contrario: i figli sono solo un dono gratuito. I genitori sono chiamati a offrire loro un cuore vigile, attento, sempre pronto alla loro ricerca. Il silenzio di Maria non è rassegnazione, ma dono di Dio che rende capaci di custodire nel cuore gli eventi incomprensibili della vita per discernerli con la forza della fede.
Commento francescano
San Francesco, più volte, offre diverse immagini di paternità con cui si rivolge ai suoi frati, raccomandando il silenzio, anche durante il lavoro, come virtù necessaria per combattere l’ozio del cuore e della lingua: «“Voglio che i miei frati lavorino e si tengano esercitati. Così non andranno in giro, oziando con il cuore e con la lingua, a pascersi di cose illecite”. Voleva che i frati osservassero il silenzio indicato dal Vangelo, cioè che in ogni circostanza evitassero accuratamente ogni parola oziosa, di cui nel giorno del giudizio dovranno rendere ragione. Se trovava qualche frate incline ai discorsi inutili, lo redarguiva con asprezza, affermando che il modesto tacere custodisce la purezza del cuore e non è virtù da poco, se è vero, come dice la Scrittura, che morte e vita si trovano in potere della lingua, intesa come organo non del gusto, ma della parola». (FF 1093- 261094)
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