Promessa mantenuta o impazzita?
Martedì X Settimana del Tempo Ordinario
2Cor 1,18-22 Sal 118 Mt 5,13-16
Una delle più belle definizioni di Dio è che «Dio è luce» [1Gv 1,15].
Se l’accostiamo al Vangelo di oggi, in cui Gesù ci definisce allo stesso modo la nostra identità profonda, non possiamo non sentire un moto di responsabilità, di gratitudine, forse di santo timore.
Voi siete, dice Gesù. Non è qualcosa da conquistare, è naturale esserlo ed è naturale esserlo insieme, “voi”, come comunità. Niente di più normale, come tutte le volte in cui abbiamo sperimentato la bellezza del bene reciproco.
Eppure possiamo “impazzire”, in noi non tutte le promesse sono “si”, come in Dio. Questo paradosso del sale lo dice: la parola greca per “perdere il sapore” significa anche “perdere il senno”. È una possibilità reale che perdiamo il nostro tesoro spirituale; è un’evidenza che non sempre siamo capaci di carità e che i nostri bisogni spesso diventano più importanti di quelli degli altri. È follia allontanarci da Gesù, eppure quante volte la preghiera viene meno.
Ci conceda il Signore l’impegno e la radicalità personale per non perdere la Sapienza.
Dalla vita seconda di Tommaso da Celano [FF 739]
Affermava che i frati minori sono stati mandati dal Signore in questo ultimo tempo per offrire esempi di luce a chi è avvolto dal buio dei peccati. E ripeteva che all’udire le opere virtuose dei santi frati dispersi nel mondo, si sentiva come inebriato di soavissimo profumo e cosparso di unguento prezioso.
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