Il lavoro della pace
Martedì V Settimana di Pasqua
At 14,19-28 Sal 144 Gv 14,27-31
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi». La pace di Gesù è una persona, è il suo Spirito. Ecco perché il mondo non la può dare. E, per questo, noi non possiamo attenderla come se dipendesse dal pacifico corso dei nostri impegni, dall’assenza di contraddizioni e di fatiche. E non può dipendere neppure dalle nostre competenze e capacità nelle quali confidiamo quando c’è da affrontare una difficoltà. La pace di Gesù dipende dalla presenza del suo Spirito in noi, che rimane solida nelle «molte tribolazioni». Certamente agisce anche attraverso le consolazioni della vita e l’esercizio dei talenti che abbiamo ricevuto, ma non dipende da quelli. È un dono di Gesù, e noi possiamo custodirlo solo curando la nostra relazione con Lui. “È un lavoro di tutti i giorni, perché dentro di noi ancora c’è quel seme, quel peccato originale, lo spirito del Caino che, per invidia, gelosia, cupidigia e volere di dominazione, fa la guerra” (Papa Francesco). Lavoriamo allora per custodire la pace, imparando da Maria e Giuseppe: silenzio e preghiera, buona volontà, pensieri orientati alla lode per ciò che Dio opera. La pace, in fondo, viene da ciò che Lui è per me.
Donami, o Padre, di cercare la pace e perseguirla.
Dalla seconda Lettera ad Agnese [FF 2880]
Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai; se con Lui piangerai, con Lui godrai; se in compagnia di Lui morirai sulla croce della tribolazione, possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi, e il tuo nome sarà scritto nel Libro della vita e diverrà famoso tra gli uomini. Perciò possederai per tutta l’eternità e per tutti secoli la gloria del regno celeste, in luogo degli onori terreni così caduchi; parteciperai dei beni eterni, invece che dei beni perituri e vivrai per tutti i secoli.
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