Dolcezza dell’imperativo
Giovedì IV Settimana di Pasqua
1Gv 1,5-2,2 Sal 102 Mt 11,25-30
Santa Caterina da Siena
Camminare nella luce è impossibile se non ci sentiamo piccoli. Quanto è limpida la Parola di Dio: non siamo senza peccato, a chi si considera sapiente è preclusa la rivelazione di Dio.
Di fronte a una tale chiarezza non possiamo non esaminarci e chiederci se le nostre stanchezze non siano causate dall’aver posto troppa fiducia in noi stessi o in cose che non sono l’essenziale.
Di fronte alla gioia che il Signore comunica per i piccoli, prediletti del Padre, non possiamo non accorgerci che Gesù oggi si mostra in una di quelle cose che Lui solo sa fare: usare gli imperativi ed esprimere dolcezza. Venite a me, prendete il mio giogo, imparate da me: in queste richieste c’è tutta la sua premura, la sua tenerezza per tutte le nostre stanchezze, più o meno evangeliche. Gesù ci insegna a non avere timore di ascoltare i suoi comandi, perché la speranza che poniamo in Lui non sarà mai delusa.
“La misura dei nostri desideri non equivale mai alla misura con cui tu sai, puoi e vuoi colmarci e saziarci” (S. Caterina da Siena).
Concedici di ascoltarti gioire anche per noi Signore.
Dalla Legenda Maggiore di san Bonaventura [FF 1328]
Questo mistero grande e mirabile della croce, nel quale i carismi della grazia, i meriti delle virtù, i tesori della sapienza e della scienza sono nascosti così profondamente da risultare incomprensibili ai sapienti e ai prudenti di questo mondo, fu svelato a questo piccolo di Cristo in tutta la sua pienezza, tanto che in tutta la sua vita egli ha seguito sempre e solo le vestigia della croce, ha conosciuto sempre e solo la dolcezza della croce, ha predicato sempre e solo la gloria della croce. Perciò egli, all’inizio della sua conversione, ha potuto dire con verità, come l’Apostolo: «Non sia mai che io mi glori d’altro che della croce di Cristo».
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