Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». (Mt 5,1-12)
1 novembre, Solennità di Tutti i Santi – Già in altra occasione ci siamo riferiti alle Beatitudini e le loro relazioni con le Ammonizioni di S.Francesco. Qui restiamo sul tema della Solennità proposta dalla liturgia in questa domenica.
Gesù «sale sul monte» come aveva già fatto Mosè per ricevere la legge. Vi sale però per darla, non per riceverla, perché l’ha già dentro di sé. Sedutosi in qualità di maestro, egli ha intorno a sé i «discepoli»; dietro a questo cerchio c’è quello della folla numerosa. Le beatitudini rappresentano la sinfonia iniziale del grande discorso che Gesù sta per pronunciare, il discorso della montagna. Alle prime otto beatitudini (vv. 3-10) se ne aggiunge un’altra (vv. 11-12), con una fisionomia propria.
Già nell’Antico Testamento e poi nel Nuovo, vengono proclamati «beati» coloro che sono davvero «felici», «fortunati», non per un cieco caso, ma per una loro condizione o un loro atteggiamento personale. Nella prima beatitudine, sui «poveri in spirito» (v. 3), e nell’ottava, sui «perseguitati» (v. 10), Gesù dà come motivazione della loro beatitudine il fatto che «di loro è il regno dei cieli». Ne segue che le altre motivazioni intermedie, di coloro che «saranno consolati», ecc. (vv. 4-9), vengono a essere semplici specificazioni delle ricchezze del regno. Con «regno dei cieli» Gesù si riferisce al regno già promesso nell’Antico Testamento (cf. Is 52,7), che ora sta già realizzandosi nella sua opera, e che avrà il suo pieno compimento nel futuro. Ancor più, si riferisce a sé stesso, portatore del regno di Dio nella sua persona. I santi sono coloro che hanno percorso la via delle beatitudini, hanno accolto Cristo e il suo regno, e ora sono nella gloria celeste.
La pagina delle beatitudini, che per il solo motivo fortemente soprannaturale domanda al cristiano di essere povero, mite, misericordioso, pacificatore, ecc., ci affascina e ci disorienta nello stesso tempo. È necessario che fissiamo lo sguardo su Gesù il quale ha praticato in modo sommo le beatitudini e poi le ha insegnate a noi. Tanto povero, da nascere in una stalla; tanto mite, da proporsi come esempio di questa virtù (cf. Mt 11,29; 21,5); tanto misericordioso, da affermare: «Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 9,13; cf. Os 6,6); tanto pacificatore, da essere «la nostra pace» (Ef 2,14); tanto «puro di cuore», cioè orientato verso Dio totalmente e sempre, da affermare: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34); tanto «perseguitato», da morire martire. Questi comportamenti di Gesù sono per noi fonte di grazia, oltre che esempi, per fare nostro il messaggio delle beatitudini e camminare così lungo la via della santità. Dall’agire di Gesù nascono i sacramenti, che ci uniscono alla sua persona e alla sua opera. A ragione, quindi, la costituzione dogmatica sulla chiesa del Vaticano II, la Lumen gentium, ha insistito sul fatto che la vocazione alla santità è di tutti i membri della chiesa. Il testo da approfondire sul tema della santità è certamente oggi l’esortazione apostolica di papa Francesco “Gaudete et exsultate. Sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo” (marzo 2018) che potrà essere una buona lettura o rilettura per il mese di novembre.
La comune intercessione di tanti nostri fratelli che Dio ci ha dato come amici e modelli di vita è un aiuto soprannaturale e uno sprone continuo. Infatti, gli esempi dei santi, tanto apprezzati tra il popolo cattolico, ci invitano costantemente all’imitazione; per questo non mancano casi, nella chiesa, in cui la santità di un cristiano ha suscitato poi una schiera di santi. Pensiamo a san Benedetto abate o a san Francesco d’Assisi e ai santi fondatori di istituti religiosi…
È anche importante rilevare che questi aiuti possiamo darceli gli uni gli altri già ora, mediante comportamenti religiosi positivi, talvolta semplicissimi. «Un giorno l’ebrea agnostica Edith Stein assiste a una scena del tutto comune in ambiente cattolico, ma che le lascia nell’animo una profonda impressione. Ecco quanto essa racconta. “Siamo entrati per qualche minuto nella cattedrale [della vecchia Francoforte] e, mentre eravamo raccolti in un rispettoso silenzio, ecco entrare una donna con la borsa della spesa e inginocchiarsi per una breve preghiera. Per me si trattava di un fatto del tutto nuovo: nella sinagoga o nei templi protestanti che avevo visitato si andava soltanto per l’ufficio divino; ma ecco che qui qualcuno se ne arrivava, nel bel mezzo dei suoi impegni quotidiani, in una chiesa vuota, per una specie di conversazione intima. Questo non l’ho mai potuto dimenticare”» (J. Boufflet, Edith Stein. Filosofa crocifissa, Paoline, Milano 1998, p. 23).
Senza dimenticare la sapienza di san Francesco che riporta tutto nella giusta e radicale dimensione. Il suo piccolissimo testamento spirituale ce lo lascia in punto di morte: «Così disteso sulla terra, dopo aver deposto la veste di sacco, sollevò la faccia al cielo, secondo la sua abitudine, totalmente intento a quella gloria celeste, mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro perché non si vedesse. E disse ai frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni» (Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda Maggiore, XIV,3 : FF 1239). La via della santità non tanto per imitazione/copia dei santi, ma desiderio di “copiare” la loro volontà di scoprire da Cristo la via personale e unica alla santità.
La solennità dei santi ci invita a vivere intensamente la gioia cristiana. «Servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza» (Sal 99,2).
Altre 3 perle dalla sapienza del carisma francescano sui Santi:
«L’IMITAZIONE DEL SIGNORE – Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore, che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e nella persecuzione, nella vergogna e nella fame, nell’infermità e nella tentazione e in altre simili cose, e per questo hanno ricevuto dal Signore la vita eterna. Perciò è grande vergogna per noi, servi di Dio, che i santi hanno compiuto le opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il solo raccontarle». (S. Francesco d’Assisi, Ammonizioni, VI : FF 155)
«Sappiamo bene infatti che, per vincere il peccato in ogni sua manifestazione, è stata conferita una grazia maggiore a Colei che meritò di concepire e di generare Colui che era senza peccato. E se potessimo riunire tutti i santi e tutte le sante, e domandassimo loro se hanno commesso dei peccati, tutti, ad eccezione della santa Vergine Maria, non potrebbero che rispondere con le parole di Giovanni: “Se dicessimo che non abbiamo peccato, inganneremmo noi stessi e non ci sarebbe in noi la verità” (1Gv 1,8). La Vergine gloriosa infatti fu prevenuta e colmata con una grazia singolare, per poter avere come frutto del suo grembo proprio colui che fin dall’inizio credette e adorò quale Signore dell’universo» (S. Antonio di Padova, Sermone in Lode alla beata Vergine Maria, 2).
«Il filo a piombo, o piombino, è strumento del murato-re, detto in lat. perpendiculum da perpendo, controllare, verificare. È formato da un piombo, o da una pietra legata ad un filo, e con esso si controlla la perpendicolarità delle pareti. L’esempio dei santi è come un filo a piombo che viene teso su Gerusalemme, vale a dire su ogni anima fedele, affinché misuri e conformi la sua vita sull’esempio della loro. Ogni volta che si celebrano le feste dei santi, viene teso questo filo a piombo sulla vita dei peccatori; e quindi celebriamo le feste dei santi per avere dalla loro vita una regola per la nostra. È assurdo perciò, è una presa in giro, nelle solennità dei santi volerli onorare con i cibi, con grandi mangiate, quando sappiamo che essi sono saliti al cielo con i digiuni. Amando il mondo e la sua gloria, curando il corpo con i suoi piaceri e accumulando denaro non imitiamo certo la vita dei santi: perciò la loro giustizia (santità) sarà la prova delle nostre colpe». (S. Antonio, Sermone Domenica IV dopo Pasqua, 11).
Lascia un commento
Devi eseguire il login per commentare.