Cosa mi edifica?
Martedì XXIX Settimana del Tempo Ordinario
Ef 2,12-22 Sal 84 Lc 12,35-38
Egli è la nostra pace, è venuto ad annunciare la pace. È l’annuncio consolante della prima lettura che si collega al vangelo: fra l’essere pronti e l’essere in pace sembra esserci un legame consistente.
Essere pronti, cioè svegli con le vesti strette e le lampade accese vuol dire essere pronti ad essere trasformati, portati altrove rispetto a dove siamo. Sono segni infatti che richiamano l’atteggiamento pasquale suggerito al popolo di Israele prima che Dio arrivi a portarli fuori dalla schiavitù. La fonte della nostra pace è proprio questa: la coscienza che Dio vuole abbattere i muri che sono dentro di noi, che sono le nostre chiusure, le nostre abitudini che non ci fanno crescere nell’amore, il nostro egoismo che ci fa attaccare a ciò che ci sembra di possedere. Qui noi spesso cerchiamo una pace che poi si rivela deludente.
La fonte della pace sta nel fatto che il Signore vuole trasformarci, perché impariamo a fare bene ciò che ci dà la vera pace: cioè imparare ad amare come Lui. La vigilanza a cui Gesù invita con forza, ha i segni di un’attenzione: non tanto a quello che c’è già, ma piuttosto a quello che non c’è ancora, all’opera che Lui vuole compiere con noi e per noi, per la nostra beatitudine.
Donaci, Padre buono, una mentalità limpida, decisamente disposta a lasciare le nostre “cose”, perché, insieme, veniamo edificati nella pace.
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 663]
Francesco ripeteva spesso che il vero frate minore non dovrebbe lasciar passare molto tempo, senza andare per l’elemosina. “E quanto è più nobile – diceva – un mio figlio, tanto più sia pronto ad andare, perché in tale modo accumula meriti”. Vi era in un luogo un certo frate che non si prestava per la questua, ma valeva per quattro a tavola. Notando il Santo che era amico del ventre, partecipe del frutto, ma non della fatica, un giorno lo riprese così: “Va’ per la tua strada, frate mosca, perché vuoi mangiare il sudore dei tuoi fratelli e rimanere ozioso nell’opera di Dio. Ti rassomigli a frate fuco, che lascia lavorare le api, ma vuole essere il primo a mangiare il miele”.
Lascia un commento
Devi eseguire il login per commentare.