Pianta di Dio o guida cieca?
Martedì XVIII Settimana del Tempo Ordinario
Ger 30,1-2.12-15.18-22 Sal 101 Mt 15,1-2.10-14
San Giovanni Maria Vianney, memoria
Ci sono due azioni che accomunano la prima lettura e il vangelo: sradicare e crescere. La vocazione del profeta Geremia, sin dall’inizio, si presenta con una duplice finalità: sradicare e demolire per edificare e piantare. Oggi ascoltiamo quanto avviene dopo la caduta di Gerusalemme, occasione di purificazione per gli ebrei che ora si trovavano in una situazione senza rimedio, come una piaga incurabile. In questa situazione Dio restaura e fa tornare le voci festanti. Anche noi abbiamo bisogno di purificazione, di riconoscere ciò che da soli noi non riusciamo a guarire. Abbiamo bisogno di essere corretti, come fa Gesù; di lasciarci avvicinare da Lui, ascoltarlo e intendere bene il suo messaggio. Questo lo vogliamo, però ci scomoda e spesso, come i farisei, ci rifugiamo nelle nostre sicurezze. Ma il punto è che, per il vangelo, questo non va: noi non siamo responsabili solo di noi stessi, ma del condurre gli altri al vero bene con la nostra stessa vita, rischiando. Così è stato per Geremia, Pietro, il curato d’Ars… E la via, unica, è quella di permettere al Padre di togliere in noi quelle piante che non ha piantato lui perché il nostro cuore sia in sintonia con quello di Gesù.
Donaci, o Padre, di voler lasciare radicalmente le nostre abitudini che non guidano altri al bene. Ci fidiamo che Tu compirai questa opera.
Dalla Regola non Bollata [FF 48]
E siamo fermamente convinti che non appartengono a noi se non i vizi e i peccati. E dobbiamo anzi godere quando siamo esposti a diverse prove, e quando sosteniamo qualsiasi angustia o afflizione di anima o di corpo in questo mondo in vista della vita eterna. Quindi tutti noi frati guardiamoci da ogni superbia e vana gloria; e difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne. Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini.
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