Quale posto alla Parola?
Giovedì XII Settimana del Tempo Ordinario
2Re 24,8-17 Sal 78 Mt 7,21-29
La sabbia e la roccia di cui parla il vangelo non sono da intendere come due terreni distanti fra loro: il primo si vede ed è superficiale, il secondo, sotto la sabbia, non si vede perché è profondo. Lo stolto sceglie la prima possibilità: una costruzione magari bella, costruita velocemente, con soddisfazioni immediate. Il saggio sceglie la roccia: per comprendere questa parola bisogna metterla nel suo contesto. Siamo alla fine del discorso evangelico iniziato con le beatitudini. Gesù lo conclude dicendo che tutte queste sue parole vanno fatte e non solo udite. Non è ingenuo Gesù, sa che la tentazione della superficialità e della gloria umana ci sono vicine. Allora ci domanda di scegliere ancora quale posto vogliamo dargli. Ci sollecita a valutare quanto ci lasciamo toccare dalla sua parola che “scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). Quante volte lo Spirito di Dio ci dona un’intuizione e noi non diciamo “si” fino in fondo ad essa, rimanendo più attratti da altro. Poi ne sentiamo la nostalgia quando arriva la prova, esperienza unica di discernimento per capire dove abbiamo costruito.
Concedici, o Signore, di costruire con te.
Dalla Vita Seconda [FF 640]
(…) libero dalla nebbia densa delle cose terrene e non più soggetto alle lusinghe della carne, saliva leggero alle altezze celesti e si immergeva puro nella luce. Irradiato in tal modo dallo splendore della luce eterna, attingeva dalla Parola increata ciò che riecheggiava nelle parole. (…) E quale la causa, se non perché siamo amici della carne ed anche noi ci imbrattiamo di mondanità? Se invece assieme alle mani, innalzassimo i nostri cuori al cielo, se stabilissimo la nostra dimora nei beni eterni, verremmo forse a conoscere ciò che ignoriamo: Dio e noi stessi.
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