Scomodità necessaria
Martedì XII Settimana del Tempo Ordinario
2Re 19,9-11.14-21.31-35.36 Sal 47 Mt 7,6.12-14
Dopo l’invito a riconoscere l’ingombro più o meno grande che ci impedisce di vedere bene, arriva la regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». La legge, in fondo, è questione di cosa desideri nelle relazioni, per te stesso e per gli altri. Se noi, ciecamente, desideriamo vicino a noi qualcuno che chiuda un occhio sulle nostre “perdizioni”; se desideriamo più o meno consapevolmente superficialità, cercheremo e doneremo la stessa cosa. Per questo è facile che la porta diventi larga, battuta da molti, non è difficile trovarla nei compromessi scadenti della vita quotidiana. Viene spontanea un’obiezione: perché dobbiamo percorrere una via angusta per avere la vita? È proprio necessaria questa scomodità?
La fatica del pensare, l’impegno del vigilare, la complessità del discernimento del “meglio”, servono per trovare la via stretta: cioè il mio personale modo di amare Dio e di “fare” con i fratelli. Nella porta stretta ci entro autenticamente solo io; ciascuno ha la sua porta stretta, l’esigenza gioiosa del modo di amare che Dio insegna a me nel segreto. Questa è la premessa della libertà per vivere la regola d’oro del vangelo, e “farci” reciprocamente servitori.
Donaci, o Padre, relazioni autentiche per cercare insieme il meglio, la perla preziosa del tuo Regno.
Dalla Leggenda Maggiore di San Bonaventura [FF 1239]
Nell’anno ventesimo della sua conversione, chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola, per rendere a Dio lo spirito della vita, là dove aveva ricevuto lo spirito della grazia. (…) E disse ai frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni».
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