Semplicemente pane spezzato
Martedì III Settimana di Pasqua
At 7,51-8,1 Sal 30 Gv 6,30-35
“Quale opera fai?”, chiede la folla a Gesù. Lo aveva già detto Gesù: egli compie in noi l’opera del credere in Lui e chiede a noi di farla con Lui. E non è una cosa così semplice, perché credere significa andare incontro con tutto noi stessi a Gesù Cristo nella fiducia che la nostra verità è nel suo umano concreto. Non è semplice per noi leggere le cose della vita nella prospettiva della Sapienza del Signore; non tanto perché questa “opera” disturbi il mondo fuori di noi, ma perché il “pane spezzato” disturba quel piccolo, immenso mondo che è dentro di noi. Quando la fame e la sete interiore prendono la forma del mio bisogno di riconoscimento, della mia esperienza di povertà, allora non sembra così facile accettare che tutto questo abbia la risposta definitiva solo in Gesù. Non è facile avere la pazienza che questa risposta, a poco a poco, diventi risposta per me, dentro la mia vita. Dobbiamo vigilare per non cercare il pane vero dove non è, e attendere che il Pane vero dimostri la sua verità nella nostra vita, mentre anche noi ci operiamo a “spezzarci”, a piegare le ginocchia come Stefano, per rendere presente l’amore che vince la morte. Non per forza, ma volentieri, per un’esigenza d’amore.
Signore Gesù, concedimi di accogliere il dono totale di te stesso e ad imitarti.
Dalle Ammonizioni [FF 155]
Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore, che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce.
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