Vivere da debitori
Martedì III Settimana di Quaresima
Dn 3,25.34-43 Sal 24 Mt 18,21-35
È una gioia ricevere il perdono, ma questo ci mette a nudo, rivela anche la nostra fragilità. Di fronte al perdono siamo poveri, tutti. E, quando noi non accogliamo questo, facilmente cadiamo nella tendenza farisaica di tenere ben separato il mio peccato dal peccato dell’altro, come se il mio debito non avesse nulla a che vedere con quello dell’altro. Ci risulta evidente quando troviamo scuse per la nostra mancanza e diventiamo implacabili con il peccato altrui. Quando non accogliamo di essere perdonati, ma piuttosto vogliamo dimostrare di essere migliori. Invece la propria povertà e la povertà altrui sono connesse. Siamo tutti “debitori” verso la vita, verso quanto abbiamo ricevuto, verso il perdono che Dio sempre ci concede, verso la fiducia che gli altri ci accordano senza merito…
O Padre, tu ci vieni incontro sempre con la tua tenerezza: questo tempo di fragilità sia occasione propizia di umiltà per accogliere e donare il perdono.
Dalla Lettera a un ministro [FF 234-235]
Io ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia. (…) E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.
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