Piccoli e Grandi
Giovedì della II Settimana di Avvento
Is 41,13-20 Sal 144 Mt 11,11-15
L’uomo, anche il più grande, davanti a Dio è come vermiciattolo o larva. Non c’è niente con cui possiamo farci forti davanti a Lui. Eppure, il Signore viene in nostro aiuto, risponde e non abbandona. È questo Suo amore per noi che dice la nostra vera dignità. Ed è per questo che solo mettendoci umilmente in ascolto della Sua voce possiamo riconoscere chi siamo davvero, qual è il senso profondo della nostra vita, qual è la nostra vera grandezza. Questo è stato vero anche per Giovanni Battista. Aveva chiesto a Gesù: “Sei tu colui che deve venire?” e non ha avuto come risposta “Si, lo sono” ma piuttosto: “Tu Giovanni sei l’Elia che doveva venire”. Nel dialogo con il Signore, conosciamo chi siamo noi e chi è Lui, e si rovesciano i nostri criteri umani per giudicare grandezza e piccolezza, quando vediamo e sappiamo, consideriamo e comprendiamo che il più grande del Regno dei Cieli, il Figlio di Dio, si è fatto il più piccolo fra i nati di donna, perché noi potessimo entrare nel Suo Regno.
Ti prego, Signore, dimmi: chi sei Tu? E chi sono io davanti a te?
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1103]
Il Figlio di Dio – egli diceva – lasciando il seno del Padre è disceso dall’altezza dei cieli fino alla nostra miseria proprio per insegnarci, lui Signore e Maestro, l’umiltà sia con l’esempio sia con la parola. Per questo si studiava, in quanto discepolo di Cristo, di sminuirsi agli occhi propri e altrui, ricordando quanto il sommo Maestro ha detto: Ciò che è in onore fra gli uomini è abominazione davanti a Dio. Ma usava anche ripetere questa massima: «Un uomo è quanto è agli occhi di Dio, e non di più».
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