La palestra del desiderio
Sabato XXXII Settimana del Tempo ordinario
Sap 18,14-16;19,6-9 Sal 104 Lc 18,1-8
La vedova è la donna rimasta sola, la sposa che ha perso una parte di sé; in un certo senso, anche la sua identità. Si dice che il giudice, per un po’, non volle esaudirla. Anche per noi, a volte, la preghiera sembra rimanere sospesa, inascoltata. Abbiamo, forse, la sensazione di essere davanti ad un Dio che, “per un po’ non vuole ascoltarci”. Dice Sant’Agostino che la preghiera è la “palestra del nostro desiderio”. È proprio vero: pregando, facciamo attenzione a ciò che desideriamo, così che quello che aveva iniziato a intiepidirsi, dice Agostino, non si spenga, ma venga di frequente ravvivato. Nella preghiera assidua, infatti, il mio desiderio si purifica, si educa, si rafforza. Imparo a perfezionare la mira, a puntare all’essenziale. E l’essenziale non sono le cose che chiedo a Dio, ma è Dio stesso che si dona a me. In fondo Dio vuole essere importunato, vuole che io insista, desideri, lotti davvero per Lui! E alla fine arriva la gioia, quella autentica, in cui ritrovo anche la mia identità più vera.
Padre buono, ho capito che Tu “non esaudisci i miei piccoli desideri, ma realizzi le tue promesse” (D. Bonhoeffer)
Dalla seconda Lettera di Chiara ad Agnese [FF 2869]
Ho ritenuto opportuno supplicare con umili preghiere, nell’amore di Cristo, la vostra maestà e la vostra santità, per quanto io posso, a voler perseverare con coraggio nel suo santo servizio, progredendo di bene in meglio, di virtù in virtù, affinché Colui, al quale servite con tutto l’amore, si degni concedervi il desiderato premio.
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