La misura del dono di Cristo
Sabato XXIV Settimana del Tempo Ordinario
Ef 4,1-7.11-13 Sal 18 Mt 9, 9-13
San Matteo apostolo ed evangelista, festa
Sin dall’Antico Testamento, quando Dio chiama l’uomo per una missione, non tiene conto dei suoi meriti di rettitudine, affidabilità, bravura… Perché è Lui che agisce in noi e attraverso di noi, per il bene di altri. “È infatti lo Spirito del Padre che parla in voi” (10,20) dice Gesù quando istruisce i dodici alla missione. E poi “a ciascuno” dice San Paolo nella prima lettura, “è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo”. Questa grazia non agisce in coloro che si sentono completamente “sani”, cioè che credono di non aver bisogno di nulla e di nessuno. La grazia non trova spazio in coloro che bastano a sé stessi. Lì il dono non può operare né portare il suo frutto. Dio invece opera generosamente quando ci lasciamo incontrare, guarire, cambiare il cuore. Quando sappiamo guardare con realismo alla nostra piccola umanità, fidandoci senza esitazione dell’infinita bontà del Padre e del dono di Cristo.
Come fece Matteo, che si alzò e lo seguì.
Ripongo la mia fiducia in Te, Signore, perché so che Tu avrai cura di me.
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 367]
I frati, ricevendo con gaudio e letizia grande il precetto della santa obbedienza, si prostravano davanti al beato padre, che abbracciandoli con tenerezza e devozione diceva ad ognuno: «Riponi la tua fiducia nel Signore ed Egli avrà cura di te». Era la frase che ripeteva ogni volta che mandava qualche frate ad eseguire l’obbedienza.
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