Sulle nostre povere barche
Sabato II Settimana di Pasqua
At 6,1-7 Sal 32 Gv 6,16-21
Gesù scompare, si ritira tutto solo (v.15) nella notte verso la montagna. Ma poco dopo torna dai discepoli in modo prodigioso, e subito li accompagna alla meta che con tanta fatica tentavano da soli di raggiungere. In questi giorni pasquali, tale episodio ci richiama subito alla morte e risurrezione del Signore, una partenza e un ritorno. Anche qui è narrata una partenza, che avviene nel buio della notte, e un ritorno luminoso, pieno di gioia e novità. Nell’assenza i discepoli sperimentano la tristezza e il buio dei loro timori. Ma subito Gesù li incoraggia: “Sono io, non abbiate paura”. Viene a noi, nel tempo, nella storia, nella nostra storia. È importante accoglierlo, prenderlo sulla nostra barca che è la vita, e non una, ma tante volte, ogni giorno, ogni momento. La meta sarà la gioia della comunione con Lui.
Signore Gesù, tu ci esorti ad attraversare le tenebre della vita senza paura, perché le hai già attraversate e vinte per noi. Vieni sempre, Signore, sulla nostra povera barca!
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1170]
[…] I marinai, vedendo che erano scampati molte volte alla morte, per i meriti del servo di Dio, resero grazie a Dio onnipotente, che si mostra sempre mirabile e amabile nei suoi amici e nei suoi servi. Ben a ragione, perché avevano provato da vicino gli spaventosi pericoli del mare e avevano visto le ammirabili opere di Dio nelle acque profonde.
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