Il pianto del profeta
Giovedì XXXIII Settimana del Tempo Ordinario
Ap 5,1-10 Sal 149 Lc 19,41-44
Santa Cecilia Vergine e Martire, Memoria
Gesù ha quasi concluso il suo viaggio verso Gerusalemme, e si ferma a guardare con dolore la città santa. Il pianto è uno dei gesti simbolici compiuti dai profeti: così è il pianto di Eliseo, di Geremia, di Giona, pensando alle sofferenze del loro popolo. Le parole di Gesù non sono mai una minaccia, tutt’altro. Sono la costatazione sofferta del male che il popolo, senza rendersene conto, sta facendo a sé stesso. Il Signore, l’Agnello di Dio, si prepara a prendere su di sé questo male, e parla a Gerusalemme in seconda persona, come ad un amico, ad un amato. Il Figlio di Dio, si fa mendicante bussando al cuore di ognuno di noi, domandando una relazione di reciprocità, uno spazio di amore. La sua è una domanda che rimane impotente davanti al nostro rifiuto. Tuttavia questo amore, talvolta non corrisposto, esprime tutta la forza e la potenza della fedeltà: è un amore che non si arrende, deciso ad andare fino in fondo per offrirci la salvezza. È questa forza di amore che sospinge Gesù nel suo viaggio verso la croce.
Tu sei degno, Signore, di prendere il libro e aprirne i sigilli, perché hai riscattati tutti noi con il tuo sangue.
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