Appiattimento o pienezza?
Martedì XXVIII Settimana del Tempo ordinario
Gal 5,1-6 Sal 118 Lc 11,37-41
Se si vive pienamente la vita buona del Vangelo, c’è qualcosa da curare e qualcosa da trascurare. Il Vangelo di oggi ci racconta infatti che Gesù trascura uno dei tanti precetti minuziosi dei farisei. Lo fa non certo per superficialità, ma per provocare ciascuno di noi. Ci chiede con fermezza di essere autentici, di non ridurre l’appartenenza a Dio a pura esteriorità, di non appiattire la fede come spesso facciamo. A questo scopo Gesù ci offre la sua libera audacia di chiamarci stolti e interroga noi stessi: quale abitudine vivi che invece sarebbe bene trascurare, per crescere nella purezza del dono di te? Gesù è libero, Gesù è puro, è tutto e solo dono. Questa la sua forza, il frutto della fede operosa, come dice san Paolo. Dare in elemosina se stessi in misura piena, traboccante e non piatta, non una volta, ma sempre e volentieri è la nostra unica vera autenticità.
Padre misericordioso, la mia delizia è nei tuoi comandi che io amo.
Dalla Legenda Maggiore [FF 1169]
L’infocato ardore della carità lo spingeva ad emulare la gloria e il trionfo dei santi martiri, nei quali niente poté estinguere la fiamma dell’amore o indebolire la fortezza dell’animo.
Acceso da quella carità perfetta, che caccia via il timore, bramava anch’egli di offrirsi, ostia vivente, al Signore, nel fuoco del martirio, sia per rendere il contraccambio al Cristo che muore per noi, sia per provocare gli altri all’amore di Dio.
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