mormorazioni di ogni tempo e di ogni esodo
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,41-51).
Domenica XIX del Tempo ordinario – anno B – Prosegue la meditazione giovannea del “discorso sul pane” che ci accompagna da due domeniche. “Io sono il pane della vita” (6,35): Gesù in questo modo afferma che egli è il vero pane del cielo per la vita del mondo. La folla recrimina: “Non è forse il figlio di Giuseppe?… Come può dire: sono disceso dal cielo?” (6,42). Ma Gesù – sempre sviluppando la stessa affermazione, ripete con forza: “Io sono il pane della vita” (6,48).
Io sono. Gesù compie una svolta decisiva nel suo discorso. Non si tratta di poter ottenere da lui dei benefici materiali. E’ solo la sua persona che conta, che bisogna conoscere e accogliere.
Il pane della vita. Sin dall’inizio Gesù parla della vita (6,27). Se ne parlerà sino alla fine del discorso e anche nella scena seguente (6,63.68). Ogni vita necessita del suo proprio cibo per svilupparsi. Lo dice correttamente l’episodio della manna con tutto ciò che esso suppone di rinunzia, di pericolo durante il cammino nel deserto e anche di appello a salire fino alla terra che Dio promette. Senza la manna l’Esodo non avrebbe avuto esito felice. Gesù si presenta allora come il pane che permette di vivere e di giungere alla vita eterna.
Eppure la gente mormora. E lo fa senza più rivolgersi a lui, segno che comincia a prendere le distanze. La storia umana resta sullo sfondo: le loro mormorazioni sono analoghe a quelle del popolo dell’Esodo (Es 14,11-12; 15,24; 17,3) . La nuova alleanza in Gesù – come quella del Sinai – sarà circondata dal rifiuto. E si compirà soltanto per mezzo della morte di Gesù.
Le folle prendono le distanze, Gesù propone invece di andare a lui (6,45) attraverso l’opera del Padre. Gesù si rivolge a coloro che si sono messi alla sua ricerca (6,24). E qui dà loro la condizione essenziale perché questa ricerca abbia esito: essere fedeli nell’ascoltare il Padre. Un insegnamento che poi sarà ripreso in 8,42-47.
Francesco d’Assisi non discute la prospettiva di Cristo e la propone con fermezza nelle sue Ammonizioni:
«Così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché ne dà testimonianza lo stesso Altissimo, il quale dice: «Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti»]; e ancora: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna» (Francesco d’Assisi, Ammonizioni, I : FF 142).
E santa Chiara ne fa motivo di affidamento totale nel momento dell’indigenza:
«E ancora, non essendovi un altro giorno in tutto il monastero se non un pezzo di pane per il pasto delle sorelle, santa Chiara comandò che quel pezzo fosse tagliato e pezzettini e dispensato alle sorelle. Ma colui che è il pane vivo e provvede il cibo agli affamati, lo moltiplicò in modo che, fra le mani di colei che lo affettava, ne furono fatte cinquanta abbondanti porzioni e vennero dispensate alle sorelle già sedute a mensa» (Bolla di canonizzazione di santa Chiara d’Assisi, 20 : FF 3307).
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