At 2,1-11

colmi, non invasati

colmi, non invasati

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». (At 2,1-11)

Solennità di Pentecoste – anno B – Come l’inizio della predicazione di Gesù era stato segnato dal dono dello Spirito («Lo Spirito del Signore è su di me» Lc 4,18), così l’inizio della predicazione e della testimonianza della Chiesa è contrassegnato dall’effusione dello Spirito.

Il simbolo del vento e del fuoco vogliono definire la presenza dello Spirito nella comunità ecclesiale come principio di vita (cfr. Gen 1,1-2: «In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque»; 2,7: «Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente») e di purificazione e illuminazione.

Il dono delle lingue significa innanzitutto il dono dei carismi. Ma con questo segno si vuole anche indicare un altro elemento: la molteplicità delle lingue era l’inizio evidente della frattura dell’umanità (cfr. l’episodio della Torre di Babele, Gen 11): ora essa diviene l’inizio chiaro della Chiesa che è molteplice ma è anche unico corpo di Cristo.

Lo stupore viene suscitato gradualmente nell’anima del lettore attraverso al triplice interrogazione dei vv. 7.8-12. L’evento resta particolarmente ambiguo. E’ necessario un testimone che ne dia la corretta interpretazione: sarà il compito di san Pietro con il suo discorso (vv. 14-41 che seguono il testo proposto dalla liturgia).

L’effusione dello Spirito “colma” gli apostoli, umili e fragili contenitori di un eccedenza di grazia di Dio. Quell’umiltà e quella fragilità (già tante volte provate nella coraggiosa ma incerta sequela di Cristo!) sono lo spazio privilegiato per contenere l’Incontenibile, se non fosse che è iniziativa di quell’Incontenibile il desiderare di abitare quei “contenitori” di una relazione privilegiata con Gesù Cristo. La quale da memoria diventa attualità!

E il contenitore, il “vaso”, trabocca di Spirito impregnato di vita: nasce la Chiesa/Assemblea con la sua insopprimibile volontà di annuncio. Ad alcuni questo gruppetto prodigioso e annunciante sembrerà un gruppo di “invasati” («Altri invece li deridevano e dicevano: “Si sono ubriacati di vino dolce”» v. 13). Per altri invece sono una presenza interrogante: «Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l’un l’altro: “Che cosa significa questo?”» v. 12. Da circa 2000 anni la Chiesa cerca di dare risposta a questa domanda, consapevole delle sue fragilità ma anche della responsabilità di contenere l’Incontenibile che sceglie di abitarla, rinnovandola.

Bibbia Francescana relativamente al brano degli Atti mette un piccolo rimando, a Fonti Francescane 1874, dove troviamo il capitolo XXXIX dei celebri “Fioretti”:

«Il maraviglioso vasello dello Spirito Santo messer santo Antonio da Padova, uno degli eletti discipoli e compagni di santo Francesco, il quale santo Francesco chiamava suo vescovo, una volta predicando in consistorio dinanzi al papa e a’ cardinali, nel quale consistorio erano uomini di diverse nazioni, cioè greca, latina, francesca, tedesca, ischiavi e inghilesi e d’altre diverse lingue del mondo, infiammato dallo Spirito Santo, si’ efficacemente, si’ divotamente, si’ sottilemente, si’ dolcemente, si’ chiaramente e si’ intendevolemente propuose la parola di Dio, che tutti quelli che erano in consistorio, quantunque fossino di diversi linguaggi,  chiaramente intendeano tutte le sue parole distintamente, siccome egli avesse parlato in linguaggio di ciascuno di loro; e tutti stavano istupefatti, e parea che fusse rinnovato quello antico miracolo degli apostoli al tempo della Pentecoste, li quali parlavano per la virtù dello Spirito Santo in ogni lingua.
E diceano insieme l’uno coll’altro con ammirazione: «Non è di Spagna costui che predica? e come udiamo tutti noi in suo parlare il nostro linguaggio delle nostre terre?». Il papa simigliantemente, considerando e maravigliandosi della profondità delle sue parole, disse: «Veramente costui è arca del Testamento e armario della Iscrittura divina».
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen».

Già ci occupammo a suo tempo del curioso modo di definire sant’Antonio di Padova (frate “armadio” Antonio). Qui è più interessante notare “il meraviglioso vasello” che accomuna Antonio di Padova a san Paolo (vas electionis, At 9,15), così come poi nel Paradiso di Dante (XII,127) il confronto è evidente: san Paolo è definito il gran vasello / dello Spirito Santo.

Quando il prezioso vaso è aperto, dalle labbra di Antonio escono parole che fanno replicare agli astanti il prodigio pentecostale: «Non è di Spagna costui che predica? e come udiamo tutti noi in suo parlare il nostro linguaggio delle nostre terre?». 

Probabilmente prima di questo incontro con il papa, Antonio scriveva argutamente nei suoi Sermoni:

«“E tutti furono pieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in lingue diverse, come lo Spirito Santo dava loro di esprimersi” (At 2,4). Vengono riempiti dallo Spirito Santo, il solo che è in grado di riempire l’anima, la quale non può essere riempita neppure da tutto l’universo. Non possono ricevere un altro spirito, perché i vasi quando sono pieni, non possono contenere più di quello che hanno. Infatti alla beata Maria fu detto: “Ave, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu fra le donne” (Lc 1,28)» (Sermone della domenica di Pentecoste, 14). Interessante l’intuizione che solo lo Spirito Santo possa riempire l’anima di un uomo, che altrimenti nemmeno l’universo può riempire: mai sazia l’anima… se non di Dio!

E ancora Antonio:

«“E tutti furono pieni di Spirito Santo e incominciarono a parlare diverse lingue, come lo Spirito Santo dava loro di esprimersi”. Ecco il segno della pienezza: il vaso pieno trabocca, il fuoco non può essere occultato. Parlavano tutte le lingue, oppure parlavano la propria lingua, l’ebraica, e tutti li capivano come se parlassero la lingua di tutti. Lo Spirito Santo, “distribuendo i suoi doni a ciascuno come vuole” (1Cor 12,11), infonde la sua grazia dove vuole, come vuole, quando vuole, in chi vuole e nella misura che vuole. Si degni di infonderla anche in noi, colui che in questo giorno infuse la grazia negli apostoli per mezzo delle lingue di fuoco. A lui sia sempre lode e gloria nei secoli eterni. Amen» (Sermone della domenica di Pentecoste, 3).

Per poi concludere:

«Parliamo dunque come lo Spirito Santo ci dà di parlare, chiedendogli umilmente e devotamente che ci infonda la sua grazia affinché compiamo i giorni della Pentecoste con la perfezione dei cinque sensi e nell’osservanza del decalogo; e perché siamo ripieni del gagliardo vento della contrizione e veniamo infiammati delle lingue di fuoco della confessione. Così infiammati e illuminati meritiamo di vedere il Dio uno e trino tra gli splendori dei santi. Ce lo conceda colui che è Dio, uno e trino, ed è benedetto nei secoli dei secoli. E ogni spirito risponda: Amen. Alleluia» (Sermone della domenica di Pentecoste, 16).

San Francesco d’Assisi, nella sua nota preghiera, si sofferma sulla triplice modalità purificati-illuminati-accesi affidata allo Spirito Santo:

«Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio concedi a noi miseri di fare, per tua grazia, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che ti piace, affinché interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del Figlio tuo, il Signor nostro Gesù Cristo e a te, o Altissimo, giungere con l’aiuto della tua sola grazia. Tu che vivi e regni glorioso nella Trinità perfetta e nella semplice Unità , Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen» (Lettera a tutto l’Ordine, VII : FF 233).

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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