Diamoci il benvenuto in questo nuovo sito
In un sito internet dedicato alla Bibbia Francescana non si poteva iniziare il nostro cammino assieme in modo migliore: la lectio divina francescana, ovvero come san Francesco legge la Parola di Dio. Non è certamente lui l’unico o il primo a interrogare la Sacra Scrittura, a fare quella che ormai tutti conosciamo come “lectio divina”: uomini e donne, giovani e vecchi, cristiani di ogni nazionalità e cultura lo fanno da sempre. Ma perché Francesco ci affascina e ci dà la sensazione che lui l’abbia fatto in modo del tutto particolare? E noi come leggiamo la Bibbia? Che esperienza o difficoltà ne abbiamo? Può esserci d’aiuto un testo di fra Tiziano Lorenzin, parzialmente ripreso da Cappelletto G. (a cura), Ascoltate «oggi» la sua voce. La parola di Dio nella vita della chiesa, Messaggero, Padova 2004.
Innanzi tutto è importante tenere conto del linguaggio utilizzato da Francesco nei suoi scritti, che sono di genere letterario differente: regola, testamento, ammonizioni, lettere, laudi, preghiere. Essi si presentano come un mosaico di citazioni, allusioni, risonanze bibliche, in parte testuali, in parte adattate: tra citazioni bibliche esplicite e implicite se ne contano 674. Soprattutto le citazioni non letterali sono un segno di una parola che si è stampata nel cuore di Francesco. In esse possiamo scoprire delle parole lette, meditate, assimilate fino a diventare parte della sua vita, che egli vuole trasmettere, come un tesoro riscoperto, ai suoi fratelli. Con queste parole della Scrittura è impastata la Regola di vita per i suoi frati: «Francesco, le briciole della notte scorsa sono le parole del Vangelo, l’ostia è la Regola» (FF 799). Francesco si dichiara «ignorante e illetterato» (FF 690). È certo quindi che non era a conoscenza delle regole ermeneutiche delle scuole del tempo. La sua conoscenza è frutto piuttosto dell’ascolto del maestro interiore, lo Spirito Santo, di cui era ripieno, e che continuamente invocava nella preghiera. Egli si accosta alla Scrittura con atteggiamento di fede, di umiltà e di amore. Con gli occhi della fede può scoprire nella Bibbia «lo Spirito e la vita» (Gv 6,63).
L’umiltà lo mette in atteggiamento di stupore davanti alle nuove luci provenienti dall’ascolto della Parola (cf. Pro 2,5). L’amore lo porta a conformarsi ai sentimenti di Gesù e a penetrare il mistero della sua vita. Il metodo da lui usato era quello di meditare la Scrittura con devozione e affetto. Sul piano esistenziale Francesco si preoccupava di adempiere alla lettera quanto aveva ascoltato della parola del Signore. Anche la sua esegesi risentì di questo suo atteggiamento. La sua è un’interpretazione letterale-esistenziale della Parola. Un esempio può essere la lettura della «missione degli apostoli» di Mt 10,7-13: il Vangelo ascoltato durante la messa alla Porziuncola. Il sacerdote gli commenta la Parola, punto per punto, facendo una esegesi letterale, storica, non allegorica, che Francesco cerca di adempiere alla lettera dicendo: «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore» (FF 356). Egli accoglie la parola del Signore senza ritagliarla, e lo Spirito Santo l’aiuta a farne una «rilettura», prima nella sua esistenza, e in seguito, in quella dei suoi frati che il Signore gli concede. È una rilettura che non travisa la parola primitiva, ma solo la sviluppa, restando omogenea al proprio tema.
Così, per esempio, il testo della «missione degli apostoli» (Mt 10,7-13) informa la «regola e la vita» della prima fraternità e sta alla base della «Regola bollata». Francesco, uomo dal cuore puro, riusciva, inoltre, ad ascoltare la parola di Dio anche dietro i fatti concreti della sua storia, illuminati dalla luce proveniente dall’icona del crocifisso di San Damiano (FF 1411), e soprattutto contemplando la natura (FF 263). Per lui, infatti, non esisteva solo il «liber Scripturae», ma anche il «liber naturae». Lo scopo della sua lettura della Scrittura è diverso da quello della lectio divina dei monaci. Per costoro la lectio terminava nella contemplatio, per Francesco la lettura, l’assimilazione della Parola e la preghiera dovevano mettergli nel cuore lo zelo per annunziare il vangelo di Gesù Cristo. Ai frati che per ispirazione divina vogliono andare tra i saraceni e gli altri infedeli, Francesco prescrive: «Quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché credono in Dio Padre onnipotente e Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, perché se uno non rinascerà per acqua e Spirito Santo non potrà entrare nel regno di Dio. Queste e altre cose che piaceranno al Signore possono dire ad essi e ad altri» (FF 43-44).
Francesco e i suoi frati sono consapevoli di annunciare la parola di Dio, alla quale gli ascoltatori sono chiamati ad aprirsi responsabilmente, accogliendola, attuandola, comprendendola e osservandola: «Tutti coloro ai quali giungerà questa lettera, io frate Francesco minore tra voi e vostro servo, vi prego e vi scongiuro nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che le fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore dovete accogliere (recipere) e attuarle (operari) nel bene e osservarle (observare) alla perfezione […]. E tutti quelli e quelle che con bontà le accetteranno e le comprenderanno (intelligent) e ne invieranno esemplari ad altri, se in esse persevereranno fino alla fine li benedica il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen» (FF 206). Concludendo, si può dire che Francesco inaugura un modo nuovo di leggere la Scrittura: meno elaborato, meno mistico e programmato di quello del monaco, e più legato alla concretezza della lettera, più semplice e spontaneo, più esistenziale e in funzione della predicazione della Buona Novella ai vicini e ai lontani.
È una lectio Scripturae accompagnata da una lectio naturae e soprattutto dalla contemplazione del Crocifisso.
fra Fabio Scarsato
Lascia un commento
Devi eseguire il login per commentare.