Martedì V Settimana di Quaresima
Nm 21,4-9 Sal 101 Gv 8,21-30
“Come Mosè innalzò il serpente,
così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14)
Gesù si sta preparando a compiere la sua consegna, il suo gesto di amore più grande. Il serpente di bronzo, che Mosè innalza per il popolo, prefigura la Croce, che Gesù accetterà per amore nostro. Ma le parole dure del vangelo sembrano sottolineare una distanza, piuttosto che una prossimità d’amore. Ai farisei Gesù dice: “morirete nel vostro peccato”. Il termine “peccato” è qui al singolare perché, per l’evangelista Giovanni, non c’è che un solo peccato: l’incredulità, il rifiuto di Dio. Tutti gli altri sono le conseguenze che ne scaturiscono. La Croce, come il serpente di bronzo, è proprio il luogo dove Gesù, figlio amato del Padre, accetta di prendere e distruggere tutto il veleno del nostro rifiuto, dell’indifferenza, dell’incredulità. La durezza delle sue parole è un ultimo accorato appello ad un cambiamento, ad una adesione che risponda a tanto amore e che lui attende e desidera con forza.
Dalle Ammonizioni [FF 143]
E perciò lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore. Tutti gli altri, che hanno la presunzione di riceverlo senza partecipare dello stesso Spirito, mangiano e bevono la loro condanna. Perciò: figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio?
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