Una chiave per il dolore
Martedì XXIV Settimana del Tempo Ordinario
1Tm 3,1-13 Sal100 Lc 7,11-17
Nain significa delizioso, piacevole, eppure il racconto inizia narrando la morte di un figlio di madre vedova. Quanto dolore… cosa c’è di “piacevole”? Dobbiamo cogliere la chiave del racconto, che sottolinea l’atteggiamento di Gesù verso la madre: “grande compassione”. Il figlio di Dio si avvicina, si fa prossimo al dolore umano e offre consolazione. L’evangelista Luca per la prima volta, dopo il racconto della nascita, chiama Gesù con il titolo di Signore: è lui solo che vince la morte e il dolore, donandogli un senso con la sua tenerezza. E di più: lo assumerà e lo porterà con sé sulla croce, donandoci la speranza certa di un Dio che è dentro ad ogni dolore per donare pace con la sua compassione.
È consolazione per noi, Signore, saperti teneramente presente in ogni nostra condizione, anche lì dove non sembra esserci nessun seme di vita.
Dalla Leggenda Maggiore [FF 1134]
La pietà lo elevava a Dio per mezzo della devozione, lo trasformava in Cristo per mezzo della compassione, lo faceva ripiegare verso il prossimo per mezzo della condiscendenza e, riconciliandolo con tutte le creature, lo riportava allo stato di innocenza primitiva. Per essa sentiva grandissima attrazione verso le creature, ma in modo particolare verso le anime, redente dal sangue prezioso di Cristo Gesù; e, quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato, le compiangeva con una commiserazione così tenera che ogni giorno, le partoriva, come una madre, in Cristo.
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