Vero compimento
Lunedì III Settimana del Tempo di Pasqua
At 6,8-15 Sal 118 Gv 6,22-29
Questo verbo “compiere” nell’originale, ergon, richiama l’agire di Dio. Solo nel libro dell’Esodo esso si riferisce a un’opera dell’uomo, il suo compiere la volontà di Dio espressa nelle tavole della legge. Questi uomini, che hanno visto il segno del pane, cercano Gesù con la mentalità di chi vuole semplicemente una nuova legge, qualcosa di nuovo da fare.
Ma la novità di Gesù non è in una nuova morale, la fede in Lui non è un fare qualcosa di nuovo. Gesù è il segno mandato dal Padre affinché noi ci riconosciamo amati da Dio. Questa è l’opera da compiere: accogliere l’amore di Dio, accogliere la venuta di Gesù nella nostra vita, accogliere il suo abbassarsi per prendersi cura di noi. È Lui che sfama la nostra fame di essere amati, è Lui l’opera di Dio: un amore personale che va per prima cosa accolto, un amore da cui lasciarsi colmare così tanto da poter attirare altri a gustarne la pienezza.
Fa, o Signore, che ci lasciamo amare da te.
Dalla Leggenda Maggiore di San Bonaventura [FF 1161]
Al sentir nominare l’amore del Signore, subito [Francesco] si sentiva stimolato, colpito, infiammato: quel nome era per lui come il plettro di una voce esteriore, che gli faceva vibrare la corda interiore del cuore.
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