Un uomo che è davanti a me
Martedì, feria propria del 3 gennaio
1 Gv 2,29 – 3,6 Sal 97 Gv 1,29-34
“Ecco l’agnello di Dio”, attraverso queste parole Giovanni il Battista è come se ci rassicurasse: guarda a Gesù, è proprio lui l’unico che può togliere il peccato del mondo. Perché è lui che sceglie di farsi ultimo, di farsi solidale con tutti. Lui, mite come agnello condotto al macello, dice il profeta Isaia, proprio lui è il Figlio di Dio, Gesù. Il suo stesso nome rivela la sua missione: è colui che salva il popolo dai suoi peccati. La radice stessa del nome, in ebraico, significa allargare, dilatare. Pensandoci bene, il peccato non ci rende sempre piccoli, meschini, ripiegati su di noi e i nostri egoismi? Ma la nostra salvezza è respiro, larghezza. Perché conoscere Gesù è tornare a vivere e ad amare. Accoglierlo in noi permette allo Spirito di compiere quei cambiamenti di crescita, di bene e di pace.
Signore tu compi meraviglie, ti da vittoria la sua destra e il suo braccio santo.
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 455]
La sua carità si estendeva con cuore di fratello non solo agli uomini provati dal bisogno, ma anche agli animali senza favella, ai rettili, agli uccelli, a tutte le creature sensibili e insensibili. Aveva però una tenerezza particolare per gli agnelli, perché nella Scrittura Gesù Cristo è paragonato, spesso e a ragione, per la sua umiltà al mansueto agnello. Per lo stesso motivo il suo amore e la sua simpatia si volgevano in modo particolare a tutte quelle cose che potevano meglio raffigurare o riflettere l’immagine del Figlio di Dio.
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