XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
In quel tempo, Gesù raccontava ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Luca 18,1-8
Non è raro trovarci a immaginare Dio come un “giudice disonesto” che bisogna supplicare a lungo, che ha una concezione tutta sua del “fare giustizia prontamente”. Appunto per questo bisogna pregare sempre, perché a noi è difficile riconoscere come si manifesta la sua provvidenza, dato che non lo fa secondo le nostre attese. L’indicazione di pregare sempre è esattamente in ordine all’apprendere, in confidenza, chi è il Signore, come agisce, perché ritarda. E a scoprire se vi è una benedizione anche nella sua lentezza (cfr. 2Pt 3,14-15).
«Lo spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abietta e obbrobriosa, e ricerca l’umiltà e la pazienza, la pura semplicità e la vera pace dello spirito, e sempre desidera sopra ogni cosa il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (FF 48).
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