La mano sull’aratro
Mercoledì XXVI Settimana del Tempo Ordinario
Gb 9,1-12.14-16 Sal 87 Lc 9,57-62
Gesù cammina per la strada. È proprio qui che prende la “ferma decisione di mettersi in cammino per Gerusalemme” (9,51). Il discepolo attinge forza per la sua vita da questa ferma bontà del Maestro. E, come il Maestro, non cerca un nido caldo, né si rifugia nella cerchia ristretta e rassicurante dei propri affetti. Ma è inviato ad incontrare gli uomini e le donne ovunque si trovino, camminando accanto a loro, fiducioso e sereno. È chiamato ad annunciare il Vangelo in quel mondo che Dio ama e redime. Una volta messo mano all’aratro, non si guarda indietro con lamentele o rimpianti, ma procede sicuro e con mano ferma. L’aratro è lo strumento che smuove il terreno e lo prepara per la nuova semina. Questa fermezza ha come frutto la gioia, per il raccolto abbondante che sta per nascere. Un lavoro silenzioso e umile prepara un terreno fecondo. Cos’è che oggi indebolisce in me questa fermezza? Cosa ostacola questa gioia?
Signore sei Tu la nostra forza. “Tu fai cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare”.
Dalla Compilazione di Assisi [FF 1582]
[…] Sull’esempio del Signore, non volle avere in questo mondo né casa né cella, e neanche voleva gli fossero edificate. Anzi, se gli sfuggiva la raccomandazione: “Preparatemi questa cella così”, dopo non ci voleva dimorare, in ossequio alla parola del Vangelo: Non vi preoccupate.
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