Entra in casa
Mercoledì XXII Settimana del Tempo Ordinario
1Cor 3,1-9 Sal 127 Lc 4,38-44
La casa di Simone a Cafàrnao è la prima Chiesa, il luogo della comunità raccolta attorno a Gesù. Ma, come in ogni comunità, anche qui Gesù deve chinarsi sulla “febbre” dei discepoli. Qual è questa febbre, che colpisce la suocera di Pietro, ma che rappresenta una messa in guardia per tutti noi? È quella che ci fa comportare -direbbe San Paolo- in modo carnale, come neonati in Cristo. Sappiamo come si comporta un neonato: mangia, dorme, piange, è concentrato sui suoi bisogni. “Pretende” dagli altri la vita. È una fase necessaria, perché se non lo facesse, morirebbe. Ma poi l’uomo diventa adulto, smette di “pretendere” la vita per sé stesso e inizia a donarla. Anzi, se si guarda dentro con sincerità, capisce che la vita non ha senso se non così, spesa per amore, “persa” perché generi altra vita, senza invidie né recriminazioni. L’uomo adulto, pienamente realizzato, l’uomo nuovo, è Gesù, che entra in casa, cioè entra nella storia del mondo, nella mia, nella tua storia personale, e si fa amorevole servo, donandoci la vita e la salvezza.
“Fa che impariamo Signore da Te,
che il più grande è chi più sa servire,
chi si abbassa e chi si sa piegare,
perché grande è soltanto l’amore”.
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1163]
Cristo Gesù crocifisso dimorava stabilmente nell’intimo del suo spirito, come borsetta di mirra posta sul suo cuore in Lui bramava trasformarsi totalmente per eccesso ed incendio d’amore.
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