Sicuro … come l’aurora
Sabato III Settimana di Quaresima
Os 6,1-6 Sal 50 Lc 18,9-14
Il profeta Osea ci ricorda che, anche nella prova, è Dio che agisce nella nostra vita. È Lui che, dopo il dolore, ci guarirà, ci fascerà, ci ridarà la vita, ci farà rialzare. Questa fiducia è ciò che manca al fariseo della parabola. Il pubblicano certo ha sbagliato: ha collaborato con il potere nemico, ha lucrato sulle tasse dei suoi fratelli, si è arricchito alle spalle degli altri. Ma è perdonato perché è entrato in un rapporto vero con Dio. È trasparente davanti a Lui, intransigente con sé stesso, certo della misericordia e dell’azione di Dio. Il fariseo ha senz’altro una vita più retta. Tuttavia, la sua non è una preghiera, ma una autocelebrazione inutile. È intransigente con gli altri, molto meno con sé stesso. Quest’intima presunzione di cui parla il vangelo è un male comune. Più ci sentiamo fragili, più ci accaniamo con gli altri. Ma se apriamo il cuore a Dio, nella verità e senza paura, sperimentiamo la sua infinita misericordia e pazienza. Ci sentiremo teneramente accolti ed amati, proprio lì dove siamo più fragili. Questo cambierà anche il nostro sguardo sugli altri.
“O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Dalla Leggenda maggiore di san Bonaventura [FF 1140]
Una volta, turbato per i cattivi esempi, […] ebbe dal Signore questa risposta: «Perché ti turbi, tu, povero omuncolo? Forse che io ti ho costituito pastore della mia Religione, senza farti sapere che il responsabile principale sono io? Ho scelto te, uomo semplice, proprio per questo: perché le opere che io compirò siano attribuite non a capacità umane, ma alla grazia celeste.
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