Avere pietà
Giovedì XIX Settimana del Tempo Ordinario
Gs 3,7-10.11.13-17 Sal 113 Mc 18,21-19,1
San Rufino, vescovo e martire
La pietà nell’Antico Testamento è l’attaccamento che implica un reciproco aiuto efficace, fedele. Si manifesta perciò con atti concreti che scaturiscono da una bontà d’animo, compassionevole, che sa attendere fiduciosa. La pietà per il cristiano è un dono Dio, un dono dello Spirito Santo e per questo è un atteggiamento che nasce da una scelta interiore, dalla conversione. Eppure la pietà ricevuta, può divenire motivo di condanna, come è accaduto al servo, perché non è stato in grado di restituirla. Non si è lasciato coinvolgere nello Spirito dalla compassione ricevuta dal suo re per poter modificare il suo rapporto con il compagno, debitore come lo era lui. Il perdono, ricevuto da Dio in modo gratuito e insperato, è la ragione ultima e il modello del perdono che deve caratterizzare i rapporti nelle comunità dei discepoli di Gesù. È la pratica del perdono che deve maturare nel cuore, nell’intimo di ognuno, ma il cuore si trasforma quando riconosciamo il gesto di pietà, di pazienza fiduciosa ricevuta dai fratelli. Chiediamo al Signore questa Grazia.
Signore, fai crescere nel nostro cuore la pietà.
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1142]
Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso. Aveva innato il sentimento della clemenza, che, la pietà di Cristo, infusa dall’alto, moltiplicava.
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